Quanti di voi utilizzano la bicicletta per muoversi ed andare al lavoro? E’ un mezzo comodo e pratico, ma sempre troppo poco utilizzato. Eppure, qualunque medico e/o striscione pubblicitario esortano a fare attività fisica quotidianamente e questo potrebbe essere un bel modo di cominciare. Ma è necessario guardare anche gli aspetti negativi: se facciamo un incidente mentre siamo in sella per andare al lavoro, non siamo in alcun modo coperti, giusto? Fino al oggi era così, ma con sentenza n. 21516/18 la Cassazione prevede che l’INAIL debba coprire l’infortunio in bicicletta in itinere mentre ci si dirige sul posto di lavoro!
L’infortunio in bicicletta in itinere: come funzionava fino ad oggi
La materia degli infortuni subiti sul posto di lavoro o sulla strada per arrivarci è disciplinata dal Testo Unico n. 1124/1965 che, all’art. 210, nel testo integrato dall’art. 12 del d. lgs. 38/2000, in materia di incidenti in itinere stabilisce: «l’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato».
Per infortunio “in itinere” è da intendersi un tipo di danno che possono subire i lavoratori durante i loro spostamenti, più precisamente durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro o, anche, dal luogo di lavoro a quello di consumazione dei pasti, nel caso di assenza di mensa aziendale.
Il lavoratore che subisce un incidente mentre sta utilizzando il suo mezzo privato (moto, auto o addirittura bicicletta) ha diritto ad un indennizzo da parte dell’INAIL solo se l’utilizzo del proprio mezzo fosse realmente necessario. L’utilizzo del mezzo privato può essere concesso solo quando sussistono 2 circostanze:
- Inesistenza di mezzi pubblici che consentano di spostarsi da un punto ad un altro
- Per motivi di orario e tempistiche non è possibile utilizzare i mezzi pubblici poiché non garantirebbero la puntualità richiesta sul luogo di lavoro
La pronuncia della Cassazione: infortunio in bicicletta risarcibile
La corte d’Appello, nel caso in esame, aveva ritenuto che l’utilizzo della bicicletta da parte del dipendente infortunato non potesse essere ritenuta una scelta “necessaria” e, pertanto, che non gli spettasse alcun beneficio derivante dall’assicurazione INAIL.
I giudici dell’Appello avevano inoltre ritenuto che l’utilizzo di una bicicletta quale mezzo ecologico non rivestisse uno “spessore sociale utile tale da giustificare un intervento di carattere solidaristico a carico della collettività”.
I giudici della corte di Cassazione, invece, sono giunti ad una conclusine opposta riconoscendo alla bicicletta un utilizzo necessitato vista l’assenza di mezzi pubblici nel tragitto casa-lavoro e l’impossibilità di percorrere a piedi quella distanza.
In particolare la Corte fa riferimento a concetti precedenti specificando che “può essere consentito secondo un canone di necessità relativa, ragionevolmente valutato in relazione al costume sociale, anche per assicurare un più intenso rapporto con la comunità familiare, e per tutelare l’esigenza di raggiungere in modo riposato e disteso i luoghi di lavoro in funzione di una maggiore gratificazione dell’attività ivi svolta, restando invece escluso il cd. rischio elettivo, inteso come quello che, estraneo e non attinente all’attività lavorativa, sia dovuto ad una scelta arbitraria del dipendente, che crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella ad essa inerente”.
Viene citata la l. 221/15 che ha espressamente previsto che debba considerarsi sempre necessitato l’utilizzo della bicicletta come mezzo privato per il raggiungimento del posto di lavoro, in considerazione dei positivi riflessi ambientali connessi all’uso di una mobilità sostenibile. È la legge stessa a stabilire il diritto al risarcimento nel caso di infortunio in bicicletta in itinere.
Quindi da oggi niente più scuse: tutti al lavoro in bicicletta!
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