Di diffamazione a mezzo web, mediante tutti i social che vengono quotidianamente utilizzati come mezzo di lavoro e di comunicazione da un’enorme moltitudine di persone, se ne è parlato parecchio.
Oggi però trattiamo di qualcosa di diverso: l’accertamento della diffamazione a mezzo web è possibile (anche) grazie alla tecnica e alla logica. Vediamo com’è spiegato nella sentenza della Cassazione in oggetto.
La corte di Cassazione sulla diffamazione a mezzo web: il caso
Il caso esaminato oggi riguarda un uomo che postò su un sito web due annunci apparentemente provenienti dall’ex-moglie, con i quali veniva pubblicizzate ed offerte prestazioni sessuali. Dopodiché l’uomo, senza il consenso dell’interessata, pubblicizza il numero di telefono della donna così che quest’ultima potesse venir contattata dagli interessati alle prestazioni pubblicizzate.
La questione approda dinanzi al Tribunale di Chieti, che si pronuncia con una condanna dell’uomo per diffamazione a mezzo web (disciplinata dall’art. 81, 110 e 595 c.p. e art. 13 della legge sulla stampa) e per trattamento illecito di dati personali (artt. 81 c.p. e 167 D.lvo 30/06/2003, n.196), successivamente confermata dalla Corte d’Appello.
A seguito del ricorso proposto dalla difesa, la Corte di Cassazione viene chiamata ad esaminare l’attendibilità dei mezzi probatori fatti valere nei primi due gradi di giudizio. In particolare, la difesa sostiene che nessun accertamento sia stato svolto sul computer dell’imputato e sul disco fisso dello stesso, atto a riscontrare sia le connessioni, sia l’attività svolta dall’utilizzatore.
Inoltre, l’indirizzo IP dell’imputato – e di chiunque ne utilizzi uno – identifica nella rete un dispositivo che può disporre di molteplici interfreccia. Quindi, secondo la difesa, non si poteva escludere oltre ogni ragionevole dubbio che il computer dell’imputato potesse essere stato utilizzato da terzi per pubblicare gli annunci incriminati.
Nonostante i tentativi della difesa, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso ritenendo affidabili gli accertamenti tecnici eseguiti dagli organi competenti. Gli elementi dell’accusa sono ritenuti incontestabili dalla dubbia rilevanza di carattere tecnico e, soprattutto, risultano supportati da un percorso logico-deduttivo, visto che l’arco temporale in cui si sono svolti i fatti corrisponde ad un periodo di conflitto tra gli ex-coniugi per l’attribuzione della casa coniugale.
In sostanza la Suprema Corte ricorre a presunzioni logiche per sopperire ad eventuali carenze degli accertamenti tecnici.
Diffamazione a mezzo web: la retromarcia della Corte?
Con sentenza n.5352/18 la Corte di Cassazione torna sul tema della diffamazione a mezzo web evidenziando come sia importante esaminare con attenzione gli aspetti della natura tecnologica, che in base alla natura squisitamente tecnica della questione, risulta essere un elemento fondamentale ai fini della configurazione e valutazione della prova.
Nel caso di specie la Corte annulla la sentenza di secondo grado poiché la stessa non ha correttamente valutato le argomentazioni della difesa optando per una motivazione insufficiente circa la possibilità che terzi avessero potuto utilizzare il nickname dell’imputata.
Sembrano dunque non bastare più le prove tecniche e logiche?