Il Parlamento Europeo ha appena approvato la riforma del copyright, su cui si è molto discusso. Ma cosa cambierà ora?
Riforma del copyright approvata dal Parlamento Europeo
Il 26 marzo 2019 il Parlamento Europeo ha assistito all’approvazione con 348 voti a favore e 247 contrari, gli astenuti solamente 36, della Direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale.
Le nuove norme votate a Strasburgo consentiranno a editori e creatori di contenuti di interfacciarsi con le grandi piattaforme del web, permettendo un’applicazione più efficace dei diritti di cui gli stessi erano destinatari.
Tra le varie disposizioni previste, oggetto di maggiore attenzione, e soprattutto di contestazione, sono gli articoli 11 e 13 della Riforma in oggetto: il primo dedicato alla Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale, il secondo riferito all’utilizzo di contenuti protetti da parte di servizi online che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di opere e altro materiale caricati dagli utenti.
Con l’art. 11, infatti, gli editori dei giornali possono stringere accordi con le varie piattaforme per l’utilizzo digitale delle pubblicazioni di carattere giornalistico: attraverso il pagamento dei propri contenuti , vengono riconosciuti i diritti ad essi connessi. Oggetto di tali accordi saranno le pubblicazioni dei c.d. snippet, i brevi estratti di testo che accompagnano il titolo dell’articolo oggetto di ricerca online: per poter essere indicizzati sarà necessario il predetto accordo e il pagamento di un equo corrispettivo, da condividere poi con i giornalisti.
Il testo dell’art. 13, invece, sposta la responsabilità di aver caricato online materiale coperto da copyright dagli utenti, che non rischieranno più sanzioni, alle grandi piattaforme – tra le più note Facebook e Youtube – che risponderanno di eventuali violazioni. Escluse da una simile responsabilità saranno invece le piattaforme più piccole, mentre quelle di medie dimensioni saranno portatrici di obblighi minori. A corredo di tale impostazione, si trova la previsione di sistemi e filtri atti a impedire la pubblicazione di contenuti non ammessi, aspramente criticata da coloro che ravvedono nella predisposizione di filtri di caricamento di contenuti un aumento del rischio di errore e censura. Infatti, si correrebbe il rischio che, in caso di dubbio, i grandi colossi optino per la soluzione più pratica: l’eliminazione del contenuto caricato. Tuttavia, la norma indica come necessaria la presenza di una procedura di reclamo e ricorso, percorribili dagli utenti, in caso di controversie sulla pubblicazione di contenuti non leciti.
Infine, esclusa dai confini disegnati dalla direttiva sarà la nota enciclopedia online Wikipedia: essa infatti, non avendo fine di lucro, non risponderà delle restrizioni previste, così come le piattaforme per la condivisione di software open source e i servizi di cloud.
Quali saranno le tempistiche?
Il testo così approvato dovrà essere recepito, entro due anni, dai paesi membri dell’Unione Europea: fino al 2021 l’ordinamento italiano avrà modo, seguendo le parole di Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, di «ripensare le categorie giuridiche tradizionali, nella consapevolezza di come la tecnologia muti, certo, il contesto, ma non il bisogno della democrazia di garantire libertà».
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