Nell’ambito di un rapporto di lavoro giornalistico, perché il contratto di lavoro sia valido, bisogna iscriversi all’albo dei giornalisti o a quello dei pubblicisti?
Rapporto di lavoro giornalistico
La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione (Sentenza n.14262/2019) è stata nuovamente chiamata a rispondere al seguente quesito: “se, ai fini di un valido rapporto di lavoro subordinato giornalistico quale collaboratore fisso, sia necessaria l’iscrizione nell’elenco professionisti dell’albo dei giornalisti oppure sia sufficiente l’iscrizione nell’elenco pubblicisti del predetto albo”.
La questione non è di scarso rilievo in quanto la mancata iscrizione nell’elenco professionisti dell’albo dei giornalisti può comportare per il collaboratore fisso la nullità del contratto.
La questione era già stata affrontata dalla Corte pochi mesi prima. Con la sentenza n.3177/2019, la Sezione Lavoro della Corte aveva affermato che “l’attività di giornalista svolta da un collaboratore fisso in modo continuativo ed esclusivo a scopo di guadagno, rientra pur sempre nel concetto di ‘professione di giornalista’ e, in quanto tale, è bisognosa di previa iscrizione nell’elenco dei giornalisti professionisti a pena di nullità del contratto”.
Cos’ha stabilito la Cassazione?
Una più recente pronuncia, però, non appare condividere la predetta decisione ritenendo che la Corte, nel primo caso, avrebbe errato elevando il dato quantitativo della esclusività ad unico elemento discretivo tra le due figure di giornalista professionista e di pubblicista.
Ed infatti, a parere del Collegio successivamente adito “non è ravvisabile alcuna ragione logica e giuridica per cui un collaboratore fisso debba necessariamente essere un giornalista professionista e non possa essere un pubblicista, anche ove eserciti l’attività in modo esclusivo, per scelta o necessità, risultando le caratteristiche delineate dall’art. 2 c.n.l.g. (continuità di prestazione, vincolo di dipendenza e responsabilità di un servizio) assolutamente compatibili con quelle descritte dall’art. 1 L.n.69/1963 (attività giornalistica non occasionale e retribuita, e non necessariamente esclusiva, potendo il pubblicista esercitare anche altre professioni o impieghi)”.
La sentenza n.14262/2019 conclude, quindi, ritenendo legittima l’attività giornalistica svolta, anche in modo esclusivo e continuativo, dal collaboratore fisso iscritto nell’elenco dei pubblicisti.
Poiché tale questione di diritto è stata decisa in modo difforme dalla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, è stata disposta la trasmissione del ricorso al Primo Presidente per la remissione della questione alle Sezioni Unite.
Attendiamo, quindi, una pronuncia risolutiva della questione da parte della Sezioni Unite.
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