Avevano negato la pausa bagno al lavoratore, che si era quindi urinato addosso: il Tribunale conferma la condanna ad una pena pecuniaria di risarcimento.
Il caso che ha fatto indignare
L’attore del processo, lavoratore modello, dopo 10 anni di servizio – senza alcun tipo di menzione o lamentela da parte dei datori di lavoro – un giorno ha avuto la necessità di andare in bagno. Nonostante i numerosi tentativi di trovare qualcuno che lo sostituisse per quei pochi minuti d’assenza nella catena di montaggio, nessuno ha preso il suo posto affinché potesse assentarsi per espletare quel bisogno primario e incontrollabile.
Dopo essersi visto negato la pausa bagno il lavoratore ha quindi resistito finché gli è stato possibile, poi ha lasciato la postazione lavorativa per correre in bagno, urinandosi in parte nei pantaloni arrivando ai servizi quando era ormai troppo tardi. L’uomo è poi nuovamente corso al proprio posto ricominciando immediatamente il lavoro, che nessuno aveva ricoperto in sua assenza, costretto a proseguire con i pantaloni intrisi di urina finché non ha potuto cambiarsi in luogo consono.
Pausa bagno negata: il lavoratore fa causa
Considerato che l’azienda non ha in alcun modo ammesso le proprie mancanze, neppure inviando una lettera di scuse al lavoratore, questi si è sentito in dovere morale di procedere con una causa nei confronti dell’azienda, presentando un ricorso al Tribunale di Lanciano. L’obiettivo non era ottenere un risarcimento ma che passasse il messaggio per cui la tutela dei lavoratori è un importante condizione guadagnata nel corso dei decenni, e che nel 2019 non è possibile tornare indietro di 40 anni.
Il Tribunale ricorda i valori della Costituzione
Il Tribunale di Lanciano si è pronunciato con una sentenza di condanna al pagamento di 5mila euro di risarcimento nei confronti del lavoratore per il danno subito dall’illegittimo comportamento datoriale. Il Tribunale ha infatti ricordato che “nell’ambito del rapporto di lavoro, dalla violazione dell’obbligo dell’imprenditore di tutelare non solo l’integrità fisica, ma anche la personalità morale del lavoratore, ai sensi dell’art. 2087 c.c. vengono in considerazione diritti della persona del lavoratore che sono assunti in virtù della Costituzione, grazie all’art. 32, quanto alla tutela dell’integrità fisica, ed agli artt. 1, 2, 4 e 35 quanto alla tutela della dignitià personale del lavoratore.”
La sentenza di condanna per la negata pausa bagno
Con sentenza 111/19 il Tribunale di Lanciano si pronuncia definitivamente sostenendo che “Si può concludere sostenendo che il datore non ha adottato tutte le misure idonee a salvaguardare la personalità morale dei prestatori di lavoro in aperta violazione dell’art. 2087 c.c. e, nel dettaglio, non ha predisposto un sistema organizzativo che consenta, anche nel caso in cui tutti i dipendenti addetti alle sostituzioni di altri lavoratori siano impossibilitati alla sostituzionale, al lavoratore di allontanarsi per soddisfare un bisogno primario non controllabile.
Dagli elementi probatori è possibile affermare che il datore ha arrecato concreto e grave pregiudizio alla dignità personale del lavoratore nel luogo di lavoro, al suo onore e alla sua reputazione, indubbiamente derivante dall’imbarazzo di essere osservato dai colleghi di lavoro con i pantaloni bagnati per essersi minzionato addosso.”
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