La questione relativa all’assegnazione della casa familiare in caso di separazione dei coniugi è particolarmente attuale e dibattuta.
Su quali criteri ci si basa per l’assegnazione della casa familiare?
Al fine di fare chiarezza sull’argomento è opportuno richiamare l’art. 155 quater del codice civile, il quale sancisce che il criterio decisionale preminente nell’assegnazione del godimento della casa familiare è l’interesse dei figli.
La casa coniugale rappresenta il luogo di aggregazione della famiglia, ove la prole è cresciuta in modo stabile e abituale; pertanto tale parametro è volto ad evitare che il distacco dalla casa possa costituire ragione di turbamento per i figli.
Per questo motivo l’assegnazione dell’immobile viene prevista a favore del genitore con cui i figli sono collocati in via prevalente; per lo stesso motivo l’immobile viene assegnato con tutti gli arredi (ad esclusione dei beni strettamente personali del coniuge non assegnatario), le attrezzature e i servizi che ne fanno parte, così da assicurare la continuità delle abitudini alle esigenze della famiglia.
Si configura, quindi, un ampio diritto del coniuge assegnatario, giacchè nei criteri di assegnazione la proprietà dell’immobile non è rilevante. Egli ha il diritto di godere della casa (oltre al diritto di abitazione) senza dover corrispondere al coniuge non assegnatario alcun indennizzo, perciò a titolo gratuito.
Limiti per l’assegnazione della casa familiare
Tuttavia ci sono dei limiti: il coniuge deve abitare la casa necessariamente con i figli, non deve abbandonarla, né affittarla.
Dunque, la perdita dell’assegnazione si configura in caso di abbandono volontario dell’assegnatario, o qualora l’ultimo figlio convivente raggiunga l’indipendenza economica (la revoca del provvedimento non è immediatamente automatica, ma necessita sempre di un accertamento al fine di valutare l’interesse dei figli).
E se la casa viene acquistata da un terzo?
L’ampio potere riconosciuto al coniuge assegnatario si configura altresì ai sensi dell’art. 2693 del codice civile; infatti, qualora un terzo abbia acquistato l’immobile dopo il provvedimento di assegnazione, questo è a lui opponibile e, di conseguenza, non potrà pretendere il rilascio dell’immobile da parte di colui che lo occupa, ma dovrà attendere la revoca o la cessazione degli effetti della sentenza di assegnazione per godere in modo esclusivo del bene (con la differenza che se il provvedimento è appositamente trascritto nei registri immobiliari è privo limiti temporali, ossia avrà validità finché non è revocata l’assegnazione; se non lo è, l’opponibilità nei suoi confronti ha una durata di 9 anni).
Per una consulenza legale: info@iltuolegale.it – 02 94088188
Non si effettua consulenza legale gratuita.
È assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo presente in questo articolo senza il consenso dell’autore. In caso di citazione è necessario riportare la fonte del materiale citato