La diffusione di riprese e registrazioni fraudolente è reato

Le registrazioni fraudolente di conversazioni private e la loro diffusione sono un reato regolato dal Codice Penale.

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Il reato in esame è “Diffusione di riprese e registrazioni fraudolente”

Con la norma in questione, il Parlamento, prende atto della sempre maggior disponibilità tra i privati di mezzi tecnologici del tutto idonei all’ampia ed immediata divulgazione di contenuti comunicativi, carpiti senza l’altrui consenso (per il tramite di moderni dispositivi portatili ed all’uso dei social media).

L’esempio tipico riguarda la diffusione di immagini e/o parole carpite quando la vittima presumeva di partecipare ad una conversazione del tutto privata e riservata con il suo interlocutore, in un contesto del tutto confidenziale e che tale doveva restare, contro ogni indebita invasione della propria sfera personale.

Qualora da tale indebita e non consentita diffusione ne consegue per la vittima una lesione alla propria reputazione o immagine, viene integrato il reato in questione.

Ed infatti il reato di cui all’art. 617 septies c.p. di recente introduzione denominato “Diffusione di riprese e registrazioni fraudolente” così recita:

“Chiunque, al fine di recare danno all’altrui reputazione o immagine, diffonde con qualsiasi mezzo riprese audio o video, compiute fraudolentemente, di incontri privati o registrazioni, pur esse fraudolente, di conversazioni, anche telefoniche o telematiche, svolte in sua presenza o con la sua partecipazione, è punito con la reclusione fino a quattro anni.”

Il reato è punibile a querela di parte e non vi è responsabilità se la diffusione avviene in via diretta ed immediata dalla loro utilizzazione in un procedimento amministrativo o giudiziario o per l’esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca.

La locuzione “In via diretta ed immediata” indica che per non essere condannati, la diffusione delle riprese o delle conversazioni deve avvenire nel contesto processuale e se ciò avviene per esempio prima dell’instaurazione del giudizio, la condanna non potrà essere evitata.

Ai fini dell’integrazione del reato in esame è necessaria la prova che l’autore della diffusione avesse agito con l’intento di arrecare danno all’altrui reputazione o immagine.

Il raffronto con altri reati

L’aumento progressivo delle norme incriminatrici disposte per adeguarsi alle nuove tecnologie ed ai cosiddetti reati informatici, porta con sé una stratificazione di norme i cui rispettivi ambiti di applicazione divengono identificabili con maggior difficoltà, rilevandosi punti di parziale sovrapposizione tra le stesse. 

Per non incorrere in errori risulta quindi interessante cercare di verificare quali sono le differenze della norma in esame con gli altri reati.

Le differenze con il reato di interferenza illecita nella vita privata

Il reato di illecita interferenza nella vita privata tutela la “riservatezza del domicilio” punendo chiunque si procura, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, immagini attinenti alla vita privata che si svolgono nell’abitazione o nei luoghi di privata dimora.

Lo stesso reato punisce anche in quel caso la diffusione delle suddette le immagini o le notizie ottenute con le suddette modalità.

Quello che distingue detto reato con quello in esame sono i beni giuridici tutelati.

Il reato di interferenza illecita nella vita privata di cui all’art. 615 bis c.p. tutela il diritto alla riservatezza, ossia il diritto che certi fatti perché avvenuti in luoghi sensibili (come quello della propria abitazione) restino privati e non divengano di pubblico dominio, mentre quello in esame tutela l’onore e la reputazione della persona offesa che possono essere lesi dalla diffusione dei messaggi o delle registrazioni.

Le differenze con il reato di diffamazione

Anche con il reato della diffamazione vengono tutelati l’onore e la reputazione della persona offesa che può essere arrecata con il mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità.

Il post diffamatorio su Facebook è ormai pacificamente considerato come diffamazione aggravata, attuata con qualsiasi atro mezzo di pubblicità (art. 595 comma 3 c.p.).

Ciò che distingue il reato di diffamazione con quello in esame è che in quello di diffamazione si fa un generico riferimento all’offesa, senza alcuna specificazione delle modalità di esecuzione del fatto tipico e degli atti che il soggetto deve aver realizzato per ledere l’altrui onore o reputazione.

Al contrario, il reato in esame specifica che la condotta deve consistere nella diffusione di riprese audio o video, di incontri privati o registrazioni di conversazioni telefoniche o telematiche (es. scambi di whatsApp) carpite fraudolentemente, punendo la diffusione finalizzata alla lesione dell’immagine o della reputazione della vittima.

Altra interessante differenza sta nel fatto che la diffamazione risulta scriminata (e quindi si verrà assolti) qualora la notizia diffusa ancorché lesiva dell’onore e dell’altrui reputazione, si riferisca a circostanze vere.

Tale aspetto non incide, invece, sulla integrazione del reato di cui all’art. 617 septies c.p. che prescinde, appunto, dal requisito della verità o meno di quanto diffuso.

studio legale zambonin

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