In caso di morte del lavoratore, in quali casi il datore di lavoro è tenuto a risarcire i familiari?
I giudici della Cassazione sono recentemente tornati sull’argomento del risarcimento del danno da morte del lavoratore (Cass. Civile n.12041/2020).
Morte del lavoratore: il caso
Una moglie ed una figlia hanno citato in giudizio il datore di lavoro del defunto, marito e padre, chiedendo il risarcimento dei danni derivanti dalla morte di quest’ultimo.
Il Tribunale, in primo grado, accertava la responsabilità del datore di lavoro e l’esistenza del nesso causale tra l’attività lavorativa (prestata per circa 30 anni dal lavoratore che si era esposto alle polveri di amianto senza adozione di idonee misure protettive, né di prevenzione, né adeguata informazione sui rischi specifici della lavorazione) e la patologia dal medesimo contratta e condannava il datore di lavoro al pagamento della somma di Euro 9.852,40, iure hereditatis (ossia a titolo di danno subito dalla vittima e che, a seguito della morte, si traferisce agli eredi) oltre alla somma rispettivamente di Euro 223,760,35 e di Euro 180.000,00 iure proprio (ossia a titolo di danno patito dagli eredi per la perdita del proprio congiunto).
Quando si configura la responsabilità del datore di lavoro?
Ai sensi dell’art. 2087 c.c. “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
L’omissione nell’adozione di misure di sicurezza può fondare, quindi, la responsabilità del datore di lavoro.
Per univoco insegnamento della Corte “incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro nonché il nesso di causalità tra l’una e l’altra, mentre spetta al datore di lavoro dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno”.
Nel caso di specie, il Tribunale ha accolto la richiesta danni in quanto accertava che la società aveva posto a disposizione dei lavoratori “maschere di carta… nemmeno utilizzate sempre”, dotato i locali di impianti di aspirazione inadeguati per la collocazione e non aveva provveduto ad adottare quelle misure specifiche per la sicurezza dei lavoratori già esigibili in base alla normativa degli anni ’50.
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