Aggressioni sporadiche? Niente maltrattamenti in famiglia

Non sono da considerarsi maltrattamenti in famiglia aggressioni sporadiche tra marito e moglie durante il periodo del divorzio con una separazione in casa in atto: questo il sunto di una sentenza del Tribunale di Siena destinata a far discutere. Ma vediamo insieme le motivazioni che hanno portato il giudice a decidere in tal senso.

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Il caso

I coniugi si sono sposati nel 1992 e dal loro matrimonio sono nati due figli di 27 e 22 anni all’epoca del processo, dopo diversi anni difficili hanno poi deciso nel 2013 di separarsi in casa.

Nel 2019, dopo anni in cui di fatto avevano interrotto ogni relazione di tipo sentimentale, i due coniugi hanno deciso di divorziare, ma fino al giugno 2019 hanno comunque convissuto.

Secondo la ricostruzione dei fatti, dal momento in cui i due hanno deciso di “separarsi giudizialmente il marito ha iniziato a porre in essere una serie di atti ai danni della moglie, che il pubblico ministero ha ritenuto integrassero il delitto di maltrattamenti in famiglia”.

Dall’istruttoria però non sono emerse le prove che confermino i maltrattamenti in famiglia dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio, quanto – eventualmente – differenti fattispecie di reato.

La testimonianza della vittima

La moglie davanti ai giudici ha ripercorso il suo matrimonio, raccontando che i rapporti sono stati tranquilli anche da separati, fino a che nel 2018 non hanno iniziato a parlare delle modalità patrimoniali della separazione. Le questioni economiche hanno esasperato i due coniugi, culminando con tre episodi di violenza fisica:

  1. Il 19 gennaio 2019 la figlia della coppia ha trovato il padre con un cappio intorno al collo: alla vista della figlia l’uomo le ha messo le mani in torno al collo stringendo. La madre è intervenuta liberando la figlia ma diventando a sua volta vittima del marito, fino a svenire;
  2. Il 27 febbraio 2019 una normale chiacchierata tra i coniugi, appena tornati da un viaggio, è sfociata una discussione che ha visto il marito schiaffeggiare la moglie offendendola anche verbalmente;
  3. Il 29 giugno 2019, anche in questo caso, da una discussione per trovare gli accordi economici della separazione l’uomo è passato a insultare la moglie minacciandola.

La testimonianza dei figlia della coppia

Le testimonianze dei figli hanno confermato i racconti della madre: in particolare la figlia, intervenuta tutte e tre le volte delle aggressioni.

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Maltrattamenti in famiglia

Il Tribunale di Siena con sentenza 917/2020 trattando questo caso, ha ricordato che “il delitto di maltrattamenti in famiglia, necessariamente abituale, si caratterizza per la sussistenza di una serie di fatti che acquistano rilevanza penale per effetto della loro reiterazione nel tempo, perfezionandosi quando si realizza un minimo di condotte (delittuose o meno) collegate da un nesso di abitualità.

In pratica deve trattarsi di continui atti di vessazione, disprezzo, umiliazione e di asservimento che offendono la dignità della vittima, tali da determinare per i familiari sofferenze, privazioni, umiliazioni che costituiscono fonte di uno stato di disagio continuo e incompatibili con le normali condizioni di esistenza.”

Secondo questa interpretazione giurisprudenziale il legislatore avrebbe attribuito così disvalore solo alla reiterata aggressione , escludendo gli atti episodici che, “seppur lesivi dei diritti fondamentali della persona, non sono riconducibili all’ambito della descritta cornice unitaria, traendo origine da situazioni contingenti e particolari che sempre possono verificarsi nei rapporti interpersonali di una convivenza familiare e che conservano la propria autonomia come delitti contro la persona”.
Fondamentalmente si è trattato di atti episodici, tutti aventi una specifica e sempre “diversa ragione e che possono essere ricondotti a quel tipico clima contingente e particolare che si crea in un periodo di grave crisi coniugale quale quello che precede la separazione.”

Questa interpretazione non esclude la illiceità delle condotte che però, secondo i giudici, trovano diversa e autonoma forma di tutela prevista in altre fattispecie penali (come percosse e minacce).

Quindi in sostanza viste le modalità delle aggressioni e la loro sporadicità per i giudici di primo grado non sono configurabili i maltrattamenti in famiglia.

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