La tettoia si fa dimora

Ebbene sì! Pare un miracolo. Il “Piano Casa”, in Lombardia, permette anche questo! “Piano” con l’entusiasmo però. La legge regionale N. 13 del 16 luglio 2009 all’articolo 2, comma 1 lettera a) (utilizzo del patrimonio edilizio esistente), infatti, consente “la utilizzazione delle volumetrie e delle superfici edilizie per destinazioni residenziali ovvero per altre funzioni ammesse dagli strumenti urbanistici”. La normativa, naturalmente, ci informa dei vincoli e pone dei termini. Le volumetrie e le superfici edilizie devono essere state ultimate alla data del 31 marzo 2005 e non devono essere ubicate in zone agricole o produttive, inoltre, “non possono comportare la totale demolizione e ricostruzione dell’edificio” rispettando “i caratteri dell’architettura, del paesaggio e degli insediamenti urbanistici del territorio, nonché i requisiti previsti dai provvedimenti regionali in materia di efficienza energetica in edilizia”.
La norma introduce il concetto di “superficie edilizia” che, invero, non pare sia un principio frequentemente in uso nel vocabolario urbanistico d’Italia. Tant’è che il Comune di Milano, ad esempio, con la Circolare n. 1/2010, si affrettava a spiegarci che: “ Si ritiene quindi che possano essere considerate superfici edilizie utilizzabili ai sensi dell’art 2 della legge le superfici di pavimento integralmente coperte e definite da paramenti esterni, solidali a pavimento e copertura, continui per non meno di 2/3 del perimetro”. Praticamente un hangar per aeromobili. Chi non possiede nel proprio giardino un oggetto simile? Per di più, tale oggetto, supponiamolo, ad esempio, costruito in lamiera, non può essere abbattuto e ricostruito interamente e, inoltre, le parti che, in qualche maniera, saranno riedificate, dovranno ottemperare le più rigide norme per il contenimento energetico. Finalmente, ci fosse ancora qualche dubbio, la realizzazione architettonica dovrà considerare gli aspetti paesaggistici del luogo. Non si dimentichi che, l’oggetto in questione, non deve essere il risultato di un abuso edilizio e dovrebbe essere così ampio da permettere, una volta riadattato alle finalità residenziali, l’abitabilità in risposta alle normative locali d’igiene. I Comuni, inoltre, hanno facoltà d’individuare sul proprio Territorio le zone dove tale normativa non può, in nessun caso, trovare applicabilità. Credo che questa legge sia, di fatto, inapplicabile.
Qualcuno potrebbe spiegarci perché, ad esempio, i lastrici solari o tetti piani non possano essere considerati “superfici edilizie”? La prima cosa che mi sovvenne quando lessi la normativa, fu di considerare come “superfici edilizie” tutte quelle aree a chiara vocazione edificatoria ovvero tutti quegli spazi creati per un futuro utilizzo edificatorio o che, da un punto di vista tecnico, concedano l’edificabilità avendola predisposta.
L’art. 1 della legge è, così, completamente disatteso. Una normativa nata con l’intento liberale di promuovere la massima valorizzazione e utilizzazione del patrimonio edilizio lombardo in risposta ai bisogni abitativi delle persone e delle famiglie, contribuendo al rilancio del comparto economico interessato, si è arenata su bizantinismi interpretativi. Dubito che il legislatore, utilizzando l’espressione “superfici edilizie”, pensasse a fienili o a semplici tettoie isolate chiuse almeno per due lati, non più di tre altrimenti è volume.
Più semplice ed immediato è il riconoscimento del volume edilizio. Chi possedesse una cantina o dei locali non abitabili seminterrati, ha la facoltà di usufruirne ai fini residenziali, qualora possedessero caratteristiche rientranti nelle norme di igiene, o anche come ufficio. Naturalmente vi sono caratterizzazioni che vanno valutate caso per caso e, sommessamente, mi offro a chi volesse delucidazioni in merito.

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