Vale la pena di segnalare una recente pronuncia della Cassazione (n. 24654 del 3 dicembre 2010) con la quale si torna a parlare dei criteri da adottare per il riparto degli oneri condominiali, tra cedente e cessionario, in caso di vendita di un immobile, sito in un contesto condominiale.
Questo argomento risulta di particolare interesse, in quanto il problema di “cristallizzare” il conto dei debiti verso il condominio, in modo da eseguire una corretta ripartizione tra le parti contraenti della vendita, rappresenta una costante sino a divenire di vitale importanza quando la vendita dell’immobile avviene dopo che l’intervento sia stato deliberato ma prima della sua effettiva esecuzione.
Va osservato come il consolidato orientamento giurisprudenziale in essere, prima dell’intervento della summenzionata sentenza, assumeva come criterio di riferimento per il riparto delle spese, la considerazione del momento di esecuzione delle opere, relegando a mera attività contabile – dichiarativa e non fonte di obblighi giuridici, la precedente delibera assembleare che aveva autorizzato i lavori di cui trattasi. (vedi tra le altre Cass. Civ. Sez. II 09-09-2008 n. 23345, Cass. Civ. 12013/2004, 6323/2003, 4393/1997).
Al contrario, la sentenza della Cassazione Civile n. 24654 del 3 dicembre 2010 compie un cambio di “rotta”, con riferimento, in particolare, alle spese di manutenzione straordinaria.
Infatti, l’erogazione di spese di manutenzione ordinaria, necessarie alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell’edificio o alla prestazione di servizi nell’interesse comune, non vengono ritenute mere esecuzioni della delibera assembleare, che peraltro in alcuni casi (vedi in caso di urgenza) viene addirittura a mancare, e pertanto l’obbligo di contribuzione insorge “ex lege, non appena si compia l’intervento nel nome di un’esigenza collettiva apprezzata dall’organo – l’amministratore – nelle cui attribuzioni rientra erogare le spese correnti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni (art. 1130 c.c. n. 3)”.
Con riferimento quindi, alle sole spese di manutenzione ordinaria, ciò che rileva ai fini della ripartizione delle spese tra cedente e cessionario dell’immobile rimane il momento dell’effettiva erogazione della spesa, a prescindere dall’attività di autorizzazione assembleare, rimanendo a carico del venditore le spese relative ad interventi già eseguiti al momento del rogito.
Con riguardo alle spese di manutenzione straordinaria, invece, si legge nella citata sentenza: “in caso di vendita di un’unità immobiliare in condominio, nel quale siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione o di ristrutturazione o innovazioni, in mancanza di accordo tra le parti, nei rapporti interni tra alienante ed acquirente è tenuto a sopportarne i relativi costi chi era proprietario al momento della delibera della assemblea, sicché, ove tali spese siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione dell’atto di trasferimento dell’unità immobiliare, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che tali opere siano state, in tutto o in parte, eseguite successivamente …”
Tale conclusione viene raggiunta secondo la Corte, partendo dall’assunto secondo cui diversi indici normativi (art. 1104 cod. civ. – art. 1121 Cod. Civ.) farebbero scaturire l’obbligo di contribuzione alla spesa da parte di ciascun condomino sin dal momento della formazione della volontà collegiale.
Tali problemi di riparto, ovviamente, non si pongono nel caso in cui il venditore e l’acquirente si siano accordati con specifica convenzione in merito, assumendo, le considerazioni sopraccitate, solo valore residuale.
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