Il lavoratore no-vax rischia di essere lasciato a casa con ferie “forzate” se non ottempera agli obblighi di legge.
Obbligo di vaccinazione per professioni sanitarie
Il Governo ha introdotto tramite l’art. 4, Decreto Legge, n. 44 del 1 aprile 2021 l’obbligo di vaccinazione anti COVID-19 per “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie e parafarmacie e negli studi professionali”.
Prima dell’entrata in vigore di questa norma, approvata la scorsa settimana, erano già approdati davanti al giudice diversi casi di dipendenti operanti in ospedali o in strutture sanitarie, come nel caso in esame, che si sono rifiutati di prestarsi alla somministrazione.
Ma il datore di lavoro poteva prendere provvedimenti a riguardo? Per il Tribunale di Belluno sì e la risposta stava proprio nelle ferie “forzate”.
Il caso dei lavoratori sanitari che non vogliono vaccinarsi “obbligati” ad andare in ferie
Nel caso che oggi vi raccontiamo alcuni dipendenti di una residenza sanitaria per anziani, rifiutatisi di fare il vaccino anti Covid, si rivolgono al Tribunale dopo che l’amministrazione della struttura decide di metterli in “ferie forzate”.
Il Tribunale di Belluno, chiamato a pronunciarsi sul caso con ordinanza n. 12/2021, ricorda innanzitutto che l’art. 2087 c.c. prevede il diritto dell’imprenditore di adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
Nello specifico il giudice, prendendo atto dell’efficacia conclamata del vaccino anti Covid ritiene “notorio il drastico calo di decessi causati dal virus tra le categorie che ne hanno potuto usufruire, come il personale sanitario e gli ospiti di RSA, nonché, più in generale, nei Paesi, quali Israele e gli Stati Uniti, in cui il vaccino proposto ai ricorrenti è stato somministrato a milioni di individui”.
Vengono poi presi in considerazione altri elementi importanti:
- in primo luogo che i ricorrenti svolgono mansioni a diretto contatto con persone che accedono al luogo di lavoro, con l’evidente rischio di essere contagiati (e a loro volta di contagiare colleghi e pazienti);
- in secondo luogo il fatto che “la permanenza dei ricorrenti – non vaccinati – nel luogo di lavoro comporterebbe per il datore di lavoro la violazione dell’obbligo di cui all’art. 2087 c.c. che impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei suoi dipendenti;
- infine viene rilevato come il vaccino, fino a quel momento somministrato solo ai sanitari, costituisca un’idonea misura a tutelare l’integrità fisica a degli individui a cui è somministrato, prevenendo l’evoluzione della malattia.
Il diritto del datore di lavoro di “mandare in ferie” i lavoratori quando serve
Infine il giudice richiama la l’art. 2109 c.c. che prevede che il prestatore di lavoro “Ha anche diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro” che, nel caso concreto, “prevale sull’eventuale interesse del prestatore di lavoro ad usufruire di un diverso periodo di ferie, l’esigenza del datore di lavoro di osservare il disposto di cui all’art. 2087 c.c.”.
Il Tribunale rigetta il ricorso
A seguito di tutte queste considerazioni e verificata l’inesistenza del rischio di un licenziamento o della sospensione senza retribuzione dei lavoratori no-vax, il Tribunale rigetta il ricorso dei ricorrenti.
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