Cane aggressivo scappa, ferisce un passante e uccide un cagnolino: proprietaria condannata

E’ stata condannata in tutti i gradi di giudizio la proprietaria di un cane aggressivo riuscito a sfuggire al suo controllo che, privo di guinzaglio e museruola, si è accanito sul piccolo cagnolino di un passante uccidendolo e ferendo il padrone senza che lei riuscisse a fare qualcosa.

Cane aggressivo scappa, ferisce un passante e uccide un cagnolino: proprietaria condannata

Proprietaria di un cane aggressivo fa ricorso contro la condanna per lesioni personali colpose

La ricorrente è condannata dal Tribunale di Como per aver cagionato lesioni alla parte lesa, aggredita dal suo cane pitbull che, sprovvisto di museruola e guinzaglio, era uscito dall’auto in cui si trovava aggredendo un passante e il cagnolino di taglia piccola con cui stava camminando, uccidendolo. Per i giudici di secondo grado la ricorrente è colpevole di lesioni personali colpose (art. 590 c.p. “Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a euro 309”).

I motivi di ricorso in Cassazione

L’imputata fa ricorso in Cassazione e, con il primo motivo, lamenta il fatto che l’affermazione di responsabilità sia stata basata esclusivamente sulla dichiarazione della parte lesa, la cui tesi era stata confermata dalla moglie e da una vicina di casa.  In secondo luogo la ricorrente evidenzia come il giudice di pace abbia erroneamente ritenuto sussistenti gli estremi del “dolo generico” e che il giudice di appello, pur sottolineando l’errore, lo ha superato escludendo che potesse configurare un’ipotesi di nullità della sentenza. La donna in Cassazione sostiene quindi l’inconfigurabilità della colpa e afferma l’assenza di dolo generico poiché il “cane non era dotato di guinzaglio e museruola, perché si trovava all’interno dell’autovettura, da cui uscì sfondando il tettuccio di plastica decapottabile per andare ad aggredire il cagnolino della parte offesa, senza che lei potesse fare nulla per impedirlo. Sottolinea che il pitbull, ricevuto da un canile siciliano, si era dimostrato molto aggressivo sin dall’inizio, tanto che, avendo morsicato anche la stessa imputata ed un’altra persona, poco dopo il fatto era stato chiesto al canile di riprenderlo.” Non corrisponderebbe al vero – come sostenuto dalla vittima – che fu lei ad aprire la portiera dell’auto non impedendo che l’animale uscisse. Quindi non ci sarebbe stata alcuna imprudenza, negligenza o imperizia.

Infine la proprietaria del cane lamenta che la pena inflitta pari al massimo edittale di 2.500,00 euro di multa non trovi adeguato conforto nella motivazione, che si fonda principalmente sul comportamento dell’imputata successivo all’evento. Conclude il ricorso la richiesta dell’annullamento della sentenza impugnata.

Ricorso inammissibile

Per la Cassazione il ricorso va dichiarato inammissibile. In primo luogo perché la corrispondenza fra quanto riferito dalla parte offesa e quanto narrato dalla testimone non è l’unico fattore su cui la sentenza fonda la credibilità della versione fornita dalla parte lesa, ulteriormente convalidata dalle dichiarazioni della moglie.

La decisione si basa anche sull’assenza della prova dello sfondamento del tettuccio decappottabile dell’auto e sull’assenza della conferma dell’interessamento da parte della ricorrente nei confronti della vittima.

In merito alle proprie competenze i giudici di legittimità ricordano che “una volta verificata la correttezza metodologica del ragionamento ricostruttivo del fatto, il vaglio della verifica probatoria è sottratta al sindacato di questa Corte, ma la semplice riproduzione delle medesime censure già proposte con l’appello, non accompagnate da una critica puntuale delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata, impedisce ogni intervento, in questa sede.”

Per quanto attiene all’assenza di dolo generico e di colpa professata dalla ricorrente, la stessa viene smentita nuovamente: “I giudici del merito hanno accertato che il cane uscì dalla portiera dell’auto, aperta dalla ricorrente, la quale omise di assicurarsi che un cane così aggressivo, potesse uscire dall’abitacolo, né lo dotò di una museruola, al fine di evitare eventi quali quello prodottosi.

Il principio dell’obbligo di custodia a chi ha in affidamento il cane

Va, in proposito, ricordato che “L’obbligo di custodia e vigilanza sull’animale non sorge necessariamente dalla titolarità del proprietario, ma dal rapporto di fatto instauratosi con il medesimo, che può derivare anche dall’occasionale affidamento, o più semplicemente dalla detenzione” (Sez. 4, n. 51448 del 17/10/2017, Polito, Rv. 271329).” Quindi “incombeva proprio sull’imputata l’onere di adottare misure per evitare che il pitbull, di proprietà del compagno, cagionasse danni a terzi.”

Infine, anche la lamentela sul massimo della pena edittale è inammissibile poiché “il giudice di secondo grado ha ampiamente motivato la pena inflitta nella misura massima, giustificandola con la gravità della condotta colposa, emersa anche dalla conoscenza da parte dell’imputata dell’aggressività dell’animale, non nuovo ad episodi del genere.”

La Cassazione con sentenza 10192/2021 dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

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