Un’attenta analisi del modificato art. 63 disp. att. C.c. potrà far apprezzare l’importanza della novità introdotta dal Legislatore con la riforma del condominio, nel suo testo definitivamente approvato con la Legge 11 dicembre 2012 n. 220 pubblicata in G.U. del 17 dicembre 2012 n. 293, che entrerà in vigore dal 18/06/2013.
Il comma 2 del citato articolo così recita:
“I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini”.
La questione attiene quindi alla possibilità riconosciuta al creditore di un’obbligazione sorta in ambito condominiale (es. fornitore di combustibile o appaltatore di lavori di ristrutturazione ordinari o straordinari) di agire, non solo per l’intero nei confronti delle casse condominiali, ma anche nei confronti dei singoli condomini, ciascuno per la rispettiva quota, nel rispetto del vincolo della parziarietà dell’obbligazione.
Su quest’ultimo punto, infatti, la lunga diatriba giurisprudenziale circa la natura dell’obbligazione condominiale nei confronti del creditore estraneo alla compagine condominiale, si era arrestata alla sentenza della Cassazione Sez. Unite n. 9148/2008 che aveva concluso per la parziarietà dell’obbligazione, consentendo al creditore di procedere (oltreché per l’intero nei confronti del condominio) anche nei confronti dei singoli condomini – pur non essendo questi ultimi parti nel rapporto contrattuale (di fornitura per restare all’esempio summenzionato) – soltanto nei limiti della rispettiva quota di ciascuno di essi (ex art. 1314 Cod. Civ.) e giammai per l’intero come sarebbe invece avvenuto nel caso di obbligazione solidale (ex art. 1292 Cod. Civ.).
Parte della dottrina ritiene che la riforma non debba essere interpretata come una sorta di superamento del consolidato principio di parziarietà, bensì abbia delineato un nuovo assetto di rapporti giuridici, collocabili in una posizione intermedia tra parziarietà e solidarietà.
Infatti, con l’entrata in vigore della nuova normativa il condomino solvente viene esposto ad una possibile azione di adempimento promossa dal creditore non per l’intera prestazione – come avverrebbe in caso di obbligazione solidale – ma nei limiti della quota del condomino moroso che risulta tale a seguito di un’escussione infruttuosa promossa nei suoi confronti dal terzo creditore.
Tale nuovo assetto che agevola la posizione creditoria, rendendo più facile il recupero delle somme dovute dal condominio, attribuisce quale ultimo baluardo difensivo per il condomino solvente quello di pretendere la preventiva escussione del condomino moroso come condizione per poter essere chiamati a rispondere di un debito altrui.
La preventiva escussione richiede non una semplice messa in mora rimasta senza riscontro, ma un esaurimento effettivo della procedura esecutiva individuale in danno del condomino moroso, prima di poter rivolgere la pretesa creditoria verso il condomino in regola.
Detta procedura dovrà essere non solo iniziata ma anche condotta con diligenza e buona fede (ivi comprese, quindi, l’esperimento di tutti i possibili atti cautelari messi a disposizione dall’ordinamento es. sequestro conservativo).
In questo caso, il condomino chiamato ad adempiere non potrà rifiutare il pagamento della quota del condominio moroso, residuando la possibilità di agire a sua volta nei confronti del condebitore rimasto insolvente (con scarse prospettive di recupero della somma visto l’infruttuosa azione esecutiva promossa dal terzo creditore) o in via di regresso pro quota nei confronti degli altri condomini coobbligati.
In conclusione, quindi, si può affermare come per effetto della riforma del condominio, l’acquisto di un appartamento in un contesto condominiale con elevato tasso di insolvenza esponga il nuovo arrivato, per le future obbligazioni, a farsi carico non solo della propria quota di spese ma anche di ingenti quote riferite ai condomini morosi, in una sorta di garanzia ex lege dovuta nei confronti del creditore del condominio.
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