A chi abita in città è sicuramente capitato più volte di vedere padroni che trattano il cane senza alcun rispetto per le sue caratteristiche di razza o etologiche: dai barboncini acconciati come bambolotti a cani superattivi che vengono tenuti con collare a strozzo e guinzaglio lungo un metro ai quali viene concessa l’uscita solo per il tempo necessario a fare i bisogni.
Purtroppo, infatti, è assai frequente che i proprietari non comprendano le esigenze del proprio cane o, pur comprendendole, non le rispettino né assecondino. Ci sono però dei limiti che, secondo la legge, non possono essere superati altrimenti si incorre in un comportamento penalmente rilevante. È il caso, ad esempio, di chi detiene un cucciolo di cane in un garage, senza luce, acqua e possibilità di uscire.
Tenere un cane in garage è abbandono di animali
Il tribunale di Catania ha riconosciuto l’imputato responsabile di abbandono di animali (art. 727 c.p) riformando la precedente condanna per maltrattamento di animali (art. 544 ter c.p.), condannandolo a pagare mille euro di ammenda per aver “detenuto un cucciolo di cane di razza di circa tre mesi in condizioni incompatibili con la tutela dell’animale e produttive di gravi sofferenze”.
Ricorrendo in Cassazione l’imputato evidenzia da un lato come il veterinario abbia attestato l’ottimo stato di salute dell’animale, dall’altro lamentando l’illogicità o la mancanza di motivazione relativa all’elemento oggettivo della produzione di gravi sofferenze al cane, da intendersi come lesione dell’integrità fisica dello stesso. In sostanza l’imputato sostiene che tenere per un periodo un cane nel garage non corrisponda necessariamente a maltrattarlo, vista la buona salute del cucciolo in questione. Il padrone si oppone anche anche alla confisca dell’animale disposta dal giudice, non ritenendola necessaria né legittima.
Tenere un cucciolo in garage è reato
Per la Cassazione il ricorso è infondato. I giudici di legittimità spiegano che, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, il reato di abbandono di animali non necessità obbligatoriamente di “situazioni quali la malnutrizione e il pessimo state di salute degli animali, indispensabili per poterne qualificare la detenzione come incompatibile con la loro natura, ma al proposito rilevano tutte le condotte che incidono sulla sensibilità psico-fisica dell’animale, procurandogli dolore e afflizione, compresi i comportamenti colposi di abbandono e incuria”. L’art. 727 c.p., infatti, prevede che “Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”.
Nel caso in esame il cucciolo era tenuto in un locale chiuso, scarsamente illuminato, in uno spazio angusto di un garage, chiuso da rete metallica in mezzo ad oggetti ingombranti con conseguente scarsa possibilità di movimento, in mezzo alle proprie deiezioni e senza acqua. Elementi sufficienti a riscontrare l’abbandono di animali.
Quando la confisca del cane è legittima
In merito alla confisca del cane, la Corte reputa che sia necessario verificare la situazione prima di disporre questa misura. La disposizione di legge prevede la confisca obbligatoria “delle cose la detenzione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna, salvo che la cosa appartenenza a persona estranea all’illecito e che la detenzione possa essere consentita mediante autorizzazione amministrativa”. Nel caso di specie secondo la Suprema Corte anche l’interpretazione più lata della parola non può sorreggere la decisione di confiscare il cane.
Il reato in questione, infatti, non è integrato dalla mera detenzione del cane da parte dell’imputato, ma da una detenzione che avviene con modalità illecite che, però, potrebbe avvenire con modalità del tutto lecite. Quando si tratta di abbandono di animale può quindi non esserci un automatismo tra la detenzione illecita di una animale e la sua confisca, potendosi il proprietario adeguare alle regole conformando la detenzione del cane.
Del resto, se la misura di sicurezza legittimasse in ogni caso la confisca di animali oggetto di condotte illecite, non sarebbe stata necessaria l’introduzione di una fattispecie ad hoc che dispone la confisca obbligatoria (art. 544 sexies c.p.), che si applica solo nei casi più gravi. Inoltre va considerato che nel caso concreto il cane, sequestrato ma lasciato in custodia all’imputato, è stato da lui cresciuto e detenuto per diversi anni prima che venisse pronunciata la sentenza d’appello impugnata.
La confisca va, quindi, annullata. Il resto del ricorso è invece da ritenersi infondato e per questo rigettato, con la conseguente irrevocabilità dell’affermazione della responsabilità penale dell’imputato per il reato di abbandono di animali.
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