Uno “scudo” difensivo più ampio a tutela delle vittime di stalking

Con la sentenza n. 36887 del 9 settembre 2013, la V Sezione Penale della Suprema Corte ha imposto l’obbligo agli “ex“ indagati per atti persecutori, di cambiare strada o allontanarsi dal luogo in cui si trovi, anche occasionalmente, la vittima, a prescindere che detti luoghi siano indicati nella misura cautelare del divieto di avvicinamento emesso dal Giudice di merito in attesa del giudizio, ex art. 282 ter c.p.p..
Con questa pronuncia – in contrasto con precedenti decisioni in cui si imponeva al Giudice di merito di indicare, in modo specifico per non comprimere la libertà di movimento del presunto stalker, i luoghi che lo stesso non avrebbe potuto frequentare- per i Giudici di Legittimità “assume primaria importanza la garanzie di libertà di movimento e di relazioni sociali della persona offesa da possibili intrusioni dell’indagato, che facendo temere la vittima per la propria incolumità finiscano per condizionare e pregiudicare la fruizione di questa libertà”.
La Suprema Corte ha, pertanto, stabilito che gli stalker non solo devono stare alla larga dai luoghi “canonici” (casa, posto di lavoro della persona offesa), ma devono allontanarsi e “cambiare strada” se incontrano, “anche imprevedibilmente” la vittima.

 

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