L’art. 147 c.c. dispone che “il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”.
Secondo costante giurisprudenza l’obbligo di concorrere al mantenimento dei figli non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi ma perdura, immutato, finché il genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell’obbligo stesso non dia la prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica ovvero sia stato posto nelle concrete condizioni per poter essere economicamente autosufficiente senza trarne utilmente profitto per sua colpa o per sua scelta (tra tante Cass. Civile n.24498 del 2007).
Secondo recente giurisprudenza, inoltre, tale obbligo non verrebbe meno neppure quando si è disoccupati: ciò è quanto è stato affermato dai giudici della Suprema Corte di Cassazione chiamati, appunto, a decidere di una controversia vertente sull’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento da parte del padre disoccupato. Nel caso de quo, il Tribunale di Civitavecchia, al momento della separazione dei coniugi, aveva posto a carico del marito l’obbligo di corrispondere a titolo di mantenimento la somma mensile di Euro 300,00 in favore dei due figli maggiorenni non ancora economicamente indipendenti. Quest’ultimo, successivamente, appellava la sentenza lamentando il fatto che il Tribunale “non avesse percepito la sua reale situazione economica”: essendo disoccupato non poteva provvedere al versamento dell’assegno di mantenimento. Lamentava, inoltre, che i due figli, oramai, svolgevano entrambi attività lavorativa e potevano considerarsi indipendenti.
La Corte d’Appello di Roma respingeva, però, il ricorso, rilevando che l’appellante “non aveva dimostrato cause ostative al reperimento di una nuova occupazione e che i due figli non risultavano aver raggiunto l’autonomia economica dai genitori”. Avverso la sentenza della Corte d’Appello, quest’ultimo ricorreva in Cassazione lamentando, in particolare, che la Corte avesse considerato con ottica simmetricamente opposta la situazione occupazionale del ricorrente, addebitandogli la responsabilità di non aver reperito una nuova occupazione e per non aver riscontrato la responsabilità dei due figli nel non aver ancora raggiunto una piena autonomia economica.
I Giudici della suprema Corte, però, respingevano il ricorso sostenendo che “il modesto contributo economico posto a carico di quest’ultimo fosse sostenibile sulla base delle sue capacità lavorative e della possibilità di reperire occupazione anche saltuaria, mente, per quanto riguarda i figli, la pretesa del ricorrente di dedurre una responsabilità a loro carico per la situazione di dipendenza economica dai genitori era chiaramente in contrasto con la giurisprudenza consolidata in materia di obblighi di contribuzione dei genitori nei confronti dei figli maggiorenni secondo cui l’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli secondo le regole degli artt. 147 e 148 c.c. non cessa, ipso facto, con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi, ma perdura, immutato, finché il genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell’obbligo stesso non dia la prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica ovvero che il mancato svolgimento di un’attività economica dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato dello stesso” (Cass. Civile n.24424/2013).
Si rileva, pertanto, come l’obbligo di mantenimento non decada a causa dello stato di disoccupazione dell’obbligato; il contributo dovuto a titolo di mantenimento deve essere, però, sostenibile alla stregua della capacità lavorativa dell’onerato.
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