Dalla recente Sentenza n. 2414 del 04/02/2014 emessa dalla III Sez. della Corte di Cassazione Civile si può dedurre la seguente massima:
“La responsabilità di chi si serve dell’animale per il tempo in cui lo ha in uso, ai sensi dell’art. 2052 cod. civ., prescinde sia dalla continuità dell’uso, sia dalla presenza dell’utilizzatore al momento in cui l’animale arreca il danno.” (Rigetta, App. Venezia, 11/03/2009)
Il caso riguardava il signor T.G., il quale aveva convenuto in giudizio M.A., davanti al Tribunale di Venezia, affinché fosse condannato al risarcimento dei danni dal primo patiti a causa di una caduta dalla bicicletta determinata dall’improvvisa uscita di un cane pastore tedesco dall’abitazione di proprietà del convenuto.
Il Tribunale accoglieva la domanda in 1° grado, condannando il convenuto al pagamento della somma di Euro 2.368,60 oltre interessi; proposto poi appello dal M., la Corte d’appello di Venezia, con sentenza dell’11 marzo 2009, confermava la pronuncia di primo grado, con l’ulteriore carico di spese.
Risulta interessante il ragionamento svolto dal Giudice d’Appello il quale osserva che, ai sensi dell’articolo 2052 c.c. – che recita testualmente: “Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito” – il proprietario di un animale, o chi ne abbia l’uso, risponde dei danni dal medesimo cagionati, non già per il proprio comportamento, bensì per la mera relazione intercorrente fra sè e l’animale. Nella fattispecie, l’istruttoria aveva dimostrato che l’animale si trovava da mesi presso l’abitazione del M. il quale doveva ragionevolmente farne o averne fatto uso, pur non essendone il proprietario. Risultava pertanto irrilevante che il M. non fosse in casa nel momento in cui il sinistro si è verificato.
Contro la sentenza della Corte d’appello di Venezia veniva dunque proposto ricorso per Cassazione.
Secondo il M. la responsabilità esclusiva dell’accaduto doveva ritenersi a carico della proprietaria, poiché egli era assente da casa ed il cane non era nemmeno da lui ‘utilizzato’ nel momento in cui il fatto dannoso si è verificato.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha più volte affermato che, ai sensi dell’art. 2052 c.c., la responsabilità del proprietario dell’animale è alternativa rispetto a quella del soggetto che ha “in uso” il medesimo e tale responsabilità trova il proprio fondamento non in una specifica attività del proprietario bensì nella relazione che si crea fra la persona fisica e l’animale.
Nel caso specifico, precisa la Cassazione, la sentenza della Corte d’appello non ha affermato una responsabilità in concorso tra l’odierno ricorrente (utilizzatore) ed il proprietario dell’animale: al contrario, il Giudice di 2° grado ha scelto uno dei possibili criteri di responsabilità indicati dal Codice Civile, applicandolo al caso concreto sulla base delle risultanze del processo.
Ritenendo anche gli altri motivi di ricorso privi di fondamento, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.500,00 oltre accessori..
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