Scuola religiosa: cosa succede se i genitori sono in disaccordo

Scuola religiosa sì o scuola religiosa no? Ora di religione sì o no? Questi sono alcuni dei dilemmi che i genitori si trovano a dover affrontare quando arriva il momento di iscrivere i figli a scuola. Dilemmi fautori spesso di grandi discussioni che portano i genitori a confrontarsi su questo divisivo tema cercando di riuscire a trovare una soluzione comune. Capita però, come nel caso in esame, che i genitori (separati) non riescano a trovare una quadra e decidano di rivolgersi al giudice. La Cassazione sul tema è chiara come sempre: la decisione va presa privilegiando esclusivamente la crescita sana ed equilibrata del minore.

Scuola religiosa: il caso finito in Cassazione

Con sentenza n. 13570/2024 la Corte di Cassazione si è trovata a pronunciarsi sul tema della legittimità dell’iscrizione di un figlio minore ad una scuola religiosa contro il volere di uno dei genitori. In particolare, un padre aveva portato l’ex moglie dinnanzi al giudice poiché contrario all’iscrizione del figlio ad una scuola cattolica, scelta invece avvalorata dalla madre del piccolo. Secondo le doglianze dell’uomo l’iscrizione alla scuola religiosa violava la laicità dello Stato e condizionava la libertà di autodeterminazione del figlio in materia religiosa.

In primo grado la Corte d’appello aveva respinto la richiesta del padre autorizzando l’iscrizione del figlio presso la scuola cattolica sostenendo che tale scelta assecondasse l’interesse superiore del piccolo.

Esaminando il caso i giudici di legittimità confermano la decisione della Corte d’Appello, riconoscendo che fosse basata solamente sulla necessità di dare priorità alla tutela del benessere del minore e del suo diritto ad una crescita sana ed equilibrata.

Nello specifico la Cassazione afferma che in tema di scuola religiosa non esiste un’unica verità ma ciascun caso deve essere esaminato singolarmente: nel caso in oggetto i giudici hanno riconosciuto come la corte territoriale avesse ritenuto che l’iscrizione del figlio presso la scuola cattolica fosse la migliore scelta per lui, garantendogli continuità ambientale (il minore aveva infatti frequentato il primo ciclo scolastico presso lo stesso istituto).

Religione e minori: cosa prevede la CEDU

La pronuncia di legittimità ricorda che anche la CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) con la sentenza n. 54032/2022 ha affermato che il coinvolgimento del minore in una pratica religiosa scelta da uno dei genitori non costituisce discriminazione se funzionale al superiore interesse del minore.

Per la Cassazione nei casi relativi alla scelta religiosa, contesa tra i genitori, il giudice ha il dovere di intervenire nella vita privata della famiglia per tenere conto “esclusivamente del superiore interesse, morale e materiale, del minore a una crescita sana ed equilibrata”. La pronuncia procede “Con la conseguenza che il conflitto sulla scuola primaria e dell’infanzia, pubblica o privata, presso cui iscrivere il figlio, deve essere risolto verificando non solo la potenziale offerta formativa, l’adeguatezza edilizia delle strutture scolastiche e l’assolvimento dell’onere di spesa da parte del genitore che propugna la scelta onerosa ma, innanzitutto, la rispondenza al concreto interesse del minore, in considerazione dell’età e delle sue specifiche esigenze evolutive e formative, nonché della collocazione logistica dell’istituto scolastico rispetto all’abitazione del bambino, onde consentirgli di avviare e/o incrementare rapporti sociali e amicali di frequentazione extrascolastica, creando una sua sfera sociale, e di garantirgli congrui tempi di percorrenza e di mezzi per l’accesso a scuola e il rientro alla propria abitazione”.

In sostanza la Cassazione, ricordando che l’interesse primario è sempre quello della migliore crescita del minore, chiede ai genitori in disaccordo di fare uno sforzo, mettere da parte le proprie idee e contrasti e di trovare una soluzione pacifica che è “semplicemente” quella che garantisce al figlio minori traumi e maggiore stabilità.

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