Nei giorni scorsi ha fatto particolarmente discutere la notizia della riduzione della pena in Appello nei confronti di un uomo responsabile di aver aggredito e stuprato la ex convivente – dopo averla sequestrata – poiché, secondo i giudici, la donna era stata “troppo disinvolta”.
Violenza in roulotte: lei era “disinvolta”
Lui è un uomo di 63 anni che ha sequestra la ex convivente nella loro roulotte, la colpisce con un tavolino di legno e la picchia violentemente riempiendola di calci e pugni. Finita l’aggressione la violenta, le garantisce che non uscirà viva da quella casa su ruote e non le lascia scampo fino a che, la mattina dopo, i Carabinieri arrivano alla roulotte allertati dalla figlia della donna, traendola in salvo.
Lei è una donna di 45 anni che, secondo i giudici d’Appello, era troppo disinvolta: avrebbe tradito diverse volte il marito con più uomini conosciuti su Facebook, rimanendo incinta di uno di loro.
Pena ridotta perché lei era disinvolta
I fatti risalgono all’8 giugno 2019 e sono avvenuti a Vimercate, in provincia di Monza e Brianza. La Corte d’Appello di Milano, esaminato il caso, ha confermato l’imputazione per tutti i reati, accogliendo però il ricorso della difesa in merito all’eccessività di trattamento sanzionatorio.
Secondo i giudici milanesi era necessario tenere in considerazione anche il “contesto familiare e sociale caratterizzato da anomalie come le relazioni della donna con altri uomini, dall’imputato quasi favorite o comunque non ostacolate”. Inoltre l’imputato sarebbe risultato essere un uomo particolarmente mite in carcere, e probabilmente avrebbe agito in maniera tanto violenta nei confronti della sua ex compagnia perché “esasperato dalla condotta troppo disinvolta della convivente, che aveva passivamente subito fino a quel momento”. Sempre secondo l’ interpretazione dei giudici “questo fattore non attenua la responsabilità ma è indice di una più scarsa intensità del dolo e della condizione di degrado in cui viveva la coppia”. Per questi motivi la Corte d’Appello ha ridotto la pena da 5 anni di reclusione a 4 anni e 4 mesi: la Procura generale di Milano ha già dichiarato di voler fare ricorso in Cassazione contro questa sentenza anacronistica.
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