Il 24 Settembre 2018, con sentenza n.22434, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite si è pronunciata in merito ad un importante ed attuale tema del nostro diritto di famiglia: l’assegno divorzile e la pensione di reversibilità per l’ex coniuge del de cuius.
La norma sulla pensione di reversibilità all’ex coniuge e sull’assegno divorzile
All’interno della legge sul divorzio n. 898/1970, l’art. 9 affronta lo specifico tema della spettanza del trattamento di reversibilità a favore dell’ex coniuge in caso di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. Nel testo, modificato nel 1987, la titolarità dell’assegno divorzile – di cui all’ex art. 5 della stessa norma – deve intendersi come diritto a percepire mese per mese l’assegno divorzile al momento della morte dell’ex coniuge e non, invece, ad aver percepito, su accordo delle parti al momento del divorzio, una somma (c.d. una tantum) corrisposta in un’unica soluzione.
L’assegno divorzile, la cui funzione è quella di assicurare all’ex coniuge mezzi adeguati di vita anche dopo la cessazione del matrimonio, può “mutarsi” in una quota della pensione di reversibilità al momento della morte dell’ex coniuge che in vita provvedeva al pagamento dell’assegno divorzile.
Le Sezioni Unite sulla pensione di reversibilità
La Cassazione, con quest’importante pronuncia, ha disciplinato quanto segue.
Il trattamento di reversibilità all’ex coniuge è riferito solo ad un coniuge c.d. “superstite”. Pertanto, nel caso in cui dopo il divorzio colui che deve corrispondere l’assegno divorzile sia passato a nuove nozze e lasci così un coniuge superstite che abbia diritto alla pensione di reversibilità, il coniuge rispetto al quale è stata pronunciata sentenza di scioglimento del matrimonio, se non è passato a nuove nozze e se è titolare dell’assegno divorzile, ha diritto alla pensione di reversibilità, sempreché il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza.
Se esiste un coniuge superstite avente i requisiti per la reversibilità, il Tribunale attribuisce una quota del trattamento di reversibilità all’ex coniuge in concorso con il coniuge superstite, tenendo conto:
- Della durata del rapporto
- A condizione che l’ex coniuge sia titolare dell’assegno divorzile
La natura della pensione di reversibilità
La natura e la funzione della pensione di reversibilità, secondo la Cassazione, costituisce una risposta dell’ordinamento alla morte quale evento protetto, realizzando la sua funzione solidaristica nei confronti sia del coniuge superstite, che dell’ex coniuge (in tal caso inteso come continuità del sostegno fornito in relazione alla durata del rapporto coniugale mediante la corresponsione di un assegno divorzile).
Le Sezioni Unite attribuiscono importanza agli elementi che concorrono alla determinazione del diritto per il coniuge superstite in relazione alle condizioni economiche dei coniugi (infatti è richiesta, ad es., l’assenza di nuove nozze per il coniuge superstite).
Sull’argomento troviamo due differenti tesi:
- La tesi maggioritaria sostiene che è da escludersi il concorso del coniuge divorziato se la corresponsione dell’assegno non è attuale (cioè non avviene mese per mese), in quanto corrisposta al momento del divorzio o in un momento successivo, su accordo delle parti, in un’unica soluzione. La scelta di ottenere una somma “una tantum”, secondo questa tesi, impedisce qualsiasi altra e futura rivendicazione economica nel rapporto tra gli ex coniugi;
- La tesi minoritaria evidenzia la funzione di prevenzione della pensione di reversibilità e la sua non assimilabilità all’assegno divorzile.
Le Sezioni Unite sostengono la tesi maggioritaria mettendo in luce che, se l’intenzione del legislatore è quello di rispondere alle conseguenze economiche negative che derivano dalla morte dell’ex coniuge e dunque dalla cessazione della fonte di reddito, il criterio da seguirsi deve dunque essere quello dell’attualità dell’attribuzione economica, ricomprendendo l’attribuzione periodica dell’assegno divorzile tra quelle forme di sostegno economico che erano garantite in vita dall’ex coniuge defunto.
Tale interpretazione valorizza e realizza la funzione solidaristica del trattamento di reversibilità, realizzando la tutela dello stato di bisogno che deriva dalla morte dell’ex coniuge.
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