La Cassazione ha confermato la condanna per violazione degli obblighi di assistenza familiare all’uomo che versava solo una piccola parte del mantenimento dovuto.
L’uomo che versava solo parte del mantenimento
In cinque anni e mezzo di obbligo di mantenimento, l’uomo ha versato in totale poco più di un terzo del mantenimento dovuto alla ex moglie. A causa di questa mancanza la donna si era trovata in una situazione di totale precarietà e indigenza, situazione dovuta anche alla chiusura della sua agenzia immobiliare.
Nella sentenza si legge che la donna verteva in “Totale degrado e abbandono, stato di crisi totale sotto il profilo economico, riduzione alla “fame”. Tali affermazioni sarebbero state avvalorate dalle dichiarazioni fornite dai figli della coppia e dalla sorella di quest’ultima.
La decisione della Cassazione
L’uomo, a propria difesa, ha tentato di sostenere di non avere abbastanza soldi per pagare il mantenimento dovuto. Tesi avvalorata da una documentazione consegnata ai giudici che, però, non ha convinto. Infatti, secondo quanto dimostrato dai legali della donna, anche dopo la separazione l’ex marito ha continuato a svolgere sia la propria attività di geometra, continuando a ricevere incarichi remunerativi, che quella di imprenditore edile. Questo, come dichiarato dalla Cassazione stessa con sentenza n. 30184/2019, dimostra l’inesistenza della situazione di incapacità di adempiere invocata.
La Cassazione ha quindi confermato la sentenza impugnata che peraltro non riconosceva all’imputato né le attenuanti generiche, né la sospensione condizionale della pena.
Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare
Secondo il primo comma dell’articolo 570 del codice penale, relativo al reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, “Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro” e le pene si applicano congiuntamente a chi fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato.
Per la sussistenza del suddetto reato occorre dimostrare come il mancato versamento comporti per l’avente diritto uno stato di indigenza, non potendo badare ai propri bisogni, per mancanza di mezzi di sussistenza.
L’imputato dovrà al contrario cercare di dimostrare un suo stato di incapacità di adempiere che rende, nel suo caso, l’obbligo di contribuzione del tutto inesigibile.
Il nuovo reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio
Con la previsione del nuovo art. 570 bis c.p. vengono espressamente punite le condotte del coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.
Detta previsione che trasferisce nel codice, reati già previsti in leggi speciali sulla separazione e sul divorzio dei coniugi, vuole così rendere maggiormente efficace detto obbligo, offrendo “maggior visibilità” a detta forma di reato.
In questi casi, per far scattare la sanzione penale, basterà la violazione del versamento dell’assegno di mantenimento, a prescindere dalla prova dello stato di bisogno e della mancanza di mezzi di sussistenza dell’avente diritto.
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