Ormai da tempo si parla di ChatGPT, l’innovativo modello di chatbot basato su intelligenza artificiale e apprendimento automatico sviluppato che sta rivoluzionando la conversazione con un utente umano. Grazie a questa tecnologia è possibile produrre dei testi in maniera semplice e veloce dando indicazioni all’intelligenza artificiale che, nel giro di breve tempo, scrive al posto nostro. Ma in questo caso, è possibile “copiare” i testi generati da ChatGPT o questi sono comunque coperti da copyright? Ma soprattutto: di chi è la proprietà intellettuale del testo se a scriverlo è stato ChatGPT? Proviamo a rispondere insieme a queste domande.
Quando si rischia la violazione dei copyright
Innanzitutto è doveroso partire da una premessa: la giurisprudenza ha più volte ribadito – anche in Cassazione – che il plagio e la violazione di copyright si riscontrano non solo quando un testo viene copiato così com’è, ma anche nel caso in cui venga fatta una semplice parafrasi formale dello stesso. Questo significa che chiedere a ChatGPT di riscrivere un testo con altre parole – azione spesso e volentieri richiesta all’intelligenza artificiale – può rappresentare una contraffazione, seppur parziale.
Differente è, invece, il caso in cui ChatGPT rielabori il testo, ossia lo elabori in maniera differente basandosi su criteri diversi da quelli utilizzati per la scrittura del testo originale. In questo caso non viene effettuata una mera parafrasi con modifiche minime di parole o dell’ordine delle stesse, ma un vero e proprio lavoro di rielaborazione che non rischia di incorrere nella violazione dei copyright.
Di chi è la proprietà dei testi generati da ChatGPT
La domanda successiva sorge dunque spontanea: di chi è la proprietà dei testi generati da ChatGPT? La risposta, purtroppo, non è così semplice e si articola su due elementi che ci spingono a pensare che un proprietario ufficiale ad oggi ufficialmente non ci sia. In primo luogo, trattandosi di una nuova tecnologia ed essendo l’Italia spesso e volentieri lenta a recepire le novità, per il momento non esiste ancora una norma che stabilisca in modo chiaro chi sia l’autore di un’opera scritta da ChatGPT e, di conseguenza, di chi siano i diritti d’autore. Ciò che è certo è che l’intelligenza artificiale si limita a riscrivere testi basandosi sulle migliaia di documenti che ha a propria disposizione.
C’è un secondo elemento che fa venire meno la protezione dei diritti d’autore nel caso di testi scritti da intelligenza artificiale: l’assenza di un vero e proprio autore.
La Legge n. 633/1941 (con tutte le successive e più recenti modifiche) si occupa specificatamente del diritto d’autore e, riferendosi ai soggetti di diritto, stabilisce in maniera dettagliata e tassativa chi siano le persone che possono godere dei diritti legati all’opera. In questo elenco, naturalmente, non è ricompresa l’intelligenza artificiale, con il conseguente impedimento a definire l’opera come originale – quantomeno sul piano del diritto d’autore – se a produrla è stato ChatGPT.
ChatGPT e copyright: il dibattito è aperto
Sul tema, com’è facile immaginare, il dibattito è solamente agli albori. Anche se nel nostro Paese una soluzione definita non sembra neppure all’orizzonte, ci sono Paesi esteri in cui si sta già discutendo di modificare la legislazione sul diritto d’autore proprio per tutelare anche quelle opere create dall’intelligenza artificiale, seppur prive di un autore fisico. Per il momento la maggior parte dei Paesi – Italia ed Unione Europea compresi – non riconoscono ChatCPT come autore non riconoscendo di conseguenza il diritto d’autore all’IA. Ciò significa che ad oggi è possibile copiare e incollare i testi di ChatCPT senza rischiare di incorrere in alcuna sanzione, a patto che non sia riscontrabile un contributo creativo da parte di un essere umano. È il caso, ad esempio, di un testo generato dall’IA che viene poi ripreso e maneggiato da un autore prima di essere pubblicato: grazie all’intervento umano e alle aggiunte e modifiche fatte, il testo originariamente di ChatGPT sarà coperto da copyright. In questa ipotesi l’autore, per far valere il proprio diritto, dovrà però essere in grado di dimostrare il contributo apportato al testo originariamente scritto.
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