Convivenza e revoca dell’’assegnazione della casa famigliare

L’articolo 155quater c.c. stabilisce che “il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio”.
La Corte d’appello di Bologna e i Tribunali di Firenze e Ragusa hanno sollevato la questione della legittimità costituzionale dell’art. 155quater nella parte in cui prevede la revoca automatica dell’assegnazione della casa familiare nel caso in cui l’assegnatario conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.
I Giudici della Corte Costituzionale, con la sentenza n. 308 del 30 Luglio 2008, hanno ritenuto la questione di legittimità costituzionale non fondata.
I Giudici, a riguardo, hanno affermato che “già secondo il diritto vivente formatosi nella vigenza dell’art.155, quarto comma, c.c. sostituito dall’art. 36 della legge 151/1975, l’assegnazione della casa coniugale, era strettamente legata all’affidamento della prole.
Tale principio è stato ribadito da questa Corte che con le sentenze n. 166 del 1998 e n. 394 del 2005, ha riconosciuto che detta assegnazione è strettamente funzionale all’interesse dei figli, specificando che gli obblighi di mantenimento ed educazione della prole, derivanti dalla qualità di genitore, trovano fondamento nell’art. 30 della Costituzione, che si richiama alla responsabilità genitoriale. Il concetto di mantenimento, come evidenziato nella menzionata sentenza n. 166 del 1998, comprende, in via primaria, il soddisfacimento delle esigenze materiali, connesse inscindibilmente alla prestazione dei mezzi necessari per garantire un corretto sviluppo psicologico e fisico del figlio, tra le quali assume profonda rilevanza quella relativa alla predisposizione e conservazione dell’ambiente domestico, considerato quale centro di affetti, interessi e consuetudini di vita, che contribuisce in misura fondamentale alla formazione armonica della personalità della prole.
Sotto tale profilo, l’obbligo di mantenimento di sostanzia, quindi, nell’assicurare ai figli la idoneità della dimora, intesa quale luogo di formazione e sviluppo della personalità psico-fisica degli stessi
”.
Nel nuovo regime dell’affidamento condiviso scompare per l’assegnazione della casa familiare il criterio dell’affidamento della prole e l’attribuzione dell’alloggio viene espressamente condizionata all’interesse dei figli.
Essendo di primaria importanza l’interesse dalla prole, secondo i Giudici “l’art. 155quater, ove interpretato nel senso che la convivenza more uxorio o il nuovo matrimonio dell’assegnatario della casa sono circostanze idonee di per se stesse a determinare la cessazione dell’assegnazione, non sarebbe coerente con i fini di tutela della prole, per i quali l’istituto è sorto”; e pertanto “la normativa deve essere interpretata nel senso che l’assegnazione della casa coniugale non venga meno di diritto al verificarsi degli eventi di cui si tratta, ma la decadenza della stessa deve essere subordinata ad un giudizio di conformità all’interesse del minore”.

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