Chi dispone di un portiere e di una portineria nel proprio condominio sa bene quanto sia comodo avere qualcuno che ritira i pacchi e le lettere quando non ci siamo. Spesso, soprattutto negli ultimi anni, la raccolta e lo smistamento dei pacchi che arrivano in seguito ad acquisti fatti su internet è una delle attività più impegnative del portinaio. E, a quanto pare, anche una delle più “rischiose” visto che per qualcuno rubare i pacchi Amazon dalla portineria è un’opportunità invitante e irrinunciabile, tanto da venire arrestato una volta colto in flagranza. La Cassazione ha chiarito che è legittimo l’arresto di chi tenta di rubare un pacco in portineria.
Ladro di pacchi Amazon colto in flagranza
Il Tribunale non ha convalidato l’arresto in flagranza di reato disposto nei confronti dell’imputato, accusato di furto, perché “al fine di trarne ingiusto profitto” si era impossessato di un pacco Amazon destinato ad un residente, custodito all’interno della portineria dello stabile, non riuscendo a rubarlo solamente per l’intervento del custode.
Secondo il tribunale, nei fatti, è configurabile il reato di tentato furto (articoli 56 e 264 c.p.), non potendo considerare la portineria condominiale come un “altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora” né potendo rientrare nella “pertinenza di essa” voluta dal reato di furto in abitazione (art. 624 bis c.p.). In sostanza, secondo i giudici, la portineria non può ritenersi privata dimora e, pertanto, non può parlarsi di furto in abitazione. Allo stesso modo, non essendosi compiuto, è solo tentato e dunque non può giustificarsi l’arresto.
Il pubblico ministero decide di impugnare la decisione, facendo ricorso in Cassazione, che lo accoglie per diverse ragioni.
Innanzitutto, la Corte con sentenza n. 48916/2022 ricorda che – come l’orientamento maggioritario della giurisprudenza vuole – quando un giudice è chiamato a convalidare un arresto deve solamente valutare l’esistenza degli elementi che lo legittimavano nel momento in cui è stato commesso il reato, non potendo decidere secondo le informazioni acquisite successivamente. Inoltre, in sede di convalida dell’arresto, il giudice può attribuire “al fatto una qualificazione giuridica diversa da quella prospettata dal P.M.”, rientrando tra i suoi poteri di controllo anche quello di individuare l’ipotesi di reato per stabilire se sia consentito o meno l’arresto in flagranza.
In ogni caso, ricorda la Suprema Corte, come già in precedenza stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, i “furti consumati all’interno di aree condominiali rientrano nella previsione dell’art. 624 bis c.p.” (furto in abitazione). Nello specifico “la condotta di colui che commetta il furto proprio nella portineria di un condominio, in quanto la portineria di uno stabile condominiale rientra nell’ambito della tutela dei beni predisposta dall’art. 624 bis, in ragione della sua destinazione a privata dimora” essendo, per altro, innegabile la sua natura pertinenziale.
Inoltre, ricorda la Corte, integra il reato di furto in abitazione la sottrazione illecita di “beni mobili posti all’interno di aree condominiali, anche quando le stesse non siano nella disponibilità esclusiva dei singoli condomini”. In virtù di questo, ad esempio, è furto in abitazione anche quello commesso da chi si impossessa di una bicicletta introducendosi nell’androne di un edificio.
Nel caso in esame, confermano i giudici di legittimità, esistevano le condizioni per procedere all’arresto obbligatorio in flagranza di reato: la sentenza viene quindi annullata senza rinvio perché l’arresto è stato legittimamente eseguito.
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