DOMANDA
Ho avuto una figlia che ho allevato con infinite premure ed attenzioni.
Con scarso profitto frequentò la scuola e ne sopportava malamente la disciplina.
A 22 anni conobbe un giovane che a noi genitori non piaceva.
L’anno successivo in occasione di una festa conobbe un medico che s’innamorò intensamente di lei. Ma la ragazza psicologicamente immatura non provava nessun amore per lui ma soltanto indotta da vanità femminile accettò con il consenso dei genitori di fidanzarsi con lui.
Spesso diceva di non voler contrarre matrimonio ed all’improvviso pochi giorni prima delle nozze ruppe il fidanzamento.
Tuttavia per vincere le sue ansie cominciò a fare uso di psicofarmaci di cui spesso aveva bisogno.
Alla fine decise di sposarsi, ma lo stesso giorno delle nozze ne fece abbondantemente uso.
Dopo circa quattro anni di infelice vita coniugale si sono separati.
Quali possibilità vi sono per una dichiarazione di nullità del matrimonio dinanzi ai Tribunali ecclesiastici?
RISPOSTA
Indubbiamente se già vi erano i sintomi di un’imperfetta maturità psicologica, la situazione poteva aggravarsi con l’uso di medicine che diminuiscono le energie del corpo e dell’animo, alterano l’affettività e la retta valutazione delle cose.
Sono quelle medesime che si chiamano psicofarmaci ed agiscono nel cervello diminuendo le facoltà dell’animo, tanto che non si fanno più delle valutazioni con giusto discernimento critico ed in virtù di tali medicine si agisce diversamente da come si agirebbe secondo natura. Tra queste medicine vi sono i cosiddetti tranquillanti che tolgono specialmente l’ansia ai malati. L’ambiguità del tranquillante sta nel fatto che da un lato libera l’intelligenza bloccata da un’affettività patologica, dall’altro l’incatena diminuendo altresì interessi, attenzione, perspicacia e lucidità.
Praticamente gli psicofarmaci agiscono nelle facoltà umane con la stessa grave incidenza dell’abuso di bevande alcooliche. Infatti coloro che già in partenza sono dotati di scarsa e debole facoltà critica, con l’aggiunta degli psicofarmaci possono così perdere la “discretio judicii”, da contrarre un matrimonio che senza quelle medicine non avrebbero mai acconsentito a celebrare.
Infatti se al momento del matrimonio sua figlia non godeva della capacita’ mentale sufficiente per dare un consenso valido, l’azione dei calmanti che prendeva aveva diminuito la chiarezza di coscienza, la libertà volitiva di scegliere. Ciò comportava nelle medesime un’ulteriore menomazione della sua mente tale da permettere un’adesione passiva (temporanea) a influenze puramente soggettive, favorendo quindi un comportamento che si realizza al di fuori di scelte intenzionali e quindi non rispondente ad un impegno di tutta la mente.
Pertanto sua figlia può rivolgersi al Tribunale Ecclesiastico competente, tramite un legale legittimato ad assisterla e rappresentarla in giudizio, adducendo il capo di nullità di defectus discretionis judicii, introducendo testi degni di fede, documentazioni circa l’uso degli psicofarmaci (che sono peraltro comunemente venduti solo dietro presentazione di ricetta medica), avvalendosi altresì di prova peritale sia sulla propria personalità sia sugli effetti degli psicofarmaci nella propria persona.
Nel caso, potrebbe essere predisposta una perizia stragiudiziale, da allegare alla domanda di nullità.
Per una consulenza in merito non esitare a contattarci.
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