Può la madre di un figlio che non vive più con lei per motivi di studio continuare a chiedere l’assegno di mantenimento all’ex marito?
Mantenimento del figlio maggiorenne: fino a quando?
Abbiamo già detto che l’obbligo di mantenere i figli non cessa automaticamente con il raggiungimento della loro maggiore età, ma permane fintanto che questi non reperiscano una attività lavorativa che permetta loro un autonomo sostentamento.
Fino a che il figlio maggiorenne non riesca a sostenersi autonomamente senza sua colpa – perché studente o perché non riesce a trovare un lavoro – il genitore presso cui è collocato prevalentemente ha diritto a percepire dall’altro genitore un contributo per il concorso al mantenimento.
Se il figlio non vive più in casa, l’ex coniuge ha il diritto a percepire il mantenimento per lui?
Ma cosa accade se il figlio non risiede più presso il genitore collocatario per essersi trasferito in un’altra città per motivi di studio? Il genitore che vede solo sporadicamente il figlio ha ancora diritto a percepire tale assegno di mantenimento?
Tale questione è stata oggetto di una recentissima sentenza della Corte di Cassazione.
Il caso in esame tra la sua origine dalla richiesta avanzata dalla madre di aumento dell’assegno di mantenimento del figlio maggiorenne, in considerazione delle sue mutate ed aumentate esigenze economiche.
Il padre contestava sia la legittimazione della donna ad avanzare la pretesa – in quanto a suo dire spettante ormai al solo figlio divenuto maggiorenne – sia il suo diritto a percepire l’assegno di mantenimento, posto che il figlio, spostatosi per motivi di studio in altra città, non coabitava più con la stessa, presso la quale si recava solo sporadicamente in occasione delle vacanze.
Sentenza della Corte di Cassazione
La Corte respingeva entrambe le contestazioni del padre.
Rilevava infatti che, in assenza di una richiesta da parte del figlio divenuto maggiorenne di una corresponsione diretta dell’assegno – che nel caso in esame non era stata provata – perdura la legittimazione del genitore presso cui il figlio era stato prevalentemente collocato, poiché, di norma, è il genitore con il quale il figlio abita a provvedere materialmente ai bisogni ed alle necessità del figlio stesso.
La coabitazione può configurare ad indice che permanga un più intenso legame di comunanza famigliare tra il figlio maggiorenne e il genitore con cui abita e che sia quest’ultimo la figura di riferimento per il corrente sostentamento e che provvede alle sue materiali esigenze, ma non è detto che tale circostanza possa essere provata anche in assenza di coabitazione.
Ciò che rileva, è dunque, che il genitore richiedente sia la figura di riferimento del figlio per il suo corrente sostentamento e che provvede alle sue esigenze.
La sporadicità dei rientri presso l’abitazione del genitore, stante le ragioni dell’allontanamento, non comporta affatto che siano mutati i precedenti assetti di contribuzione famigliare.
Pertanto, poiché la madre ha provato in giudizio che, benché convivente con il figlio solo nei periodi di vacanza, fosse rimasta il genitore a cui questi faceva capo per reperire le risorse necessarie per soddisfare le sue esigenze, a cui egli non poteva provvedere autonomamente, ha visto accolte le sue richieste.
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