Se il proprio coniuge o partner muore, stabilisce la legge relativamente al diritto di abitazione della casa familiare?
Eredità: diritto di abitazione del coniuge superstite
L’art.540 c.c. dispone che “al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, siano riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la corredano se di proprietà del defunto o comuni”.
In questo modo, la legge garantisce che il coniuge superstite possa permanere nella casa familiare, anche se la proprietà dell’immobile con la successione si trasferisca ad altro erede o creditore del defunto.
Occorre precisare come la possibilità del coniuge superstite di abitare l’immobile è subordianta alla condizione che la casa sia di proprietà del defunto oppure comune ad entrambi i coniugi. Detto diritto, quindi, non sussiste quando l’immobile sia di proprietà anche di terzi soggetti (Cass. Civile n.6691/2000).
Tale diritto è stato esteso anche al partner dell’unione civile?
La Legge Cirinnà ha introdotto un diritto similare, ma limitato nel tempo.
Infatti: l’art. 42 comma 1 della predetta Legge dispone che “in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza, il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni”.
E cosa succede in caso di separazione? Persiste il diritto di abitazione del coniuge superstite?
Di recente, sull’argomento, sono intervenuti proprio i Giudici della Suprema Corte e hanno affermato che “in caso di separazione personale dei coniugi e di cessazione della convivenza, l’impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare fa venire meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell’attribuzione del diritto di abitazione e del correlato diritto d’uso sui mobili riservati al coniuge superstite dall’art. 540, secondo comma, c.c. Se, infatti, tali diritti in favore del coniuge superstite possono avere ad oggetto esclusivamente l’immobile concretamente utilizzato prima della morte del de cuius come residenza familiare, è evidente che l’applicabilità della norma in esame è condizionata all’effettiva esistenza, al momento dell’apertura della successione, di una casa adibita ad abitazione familiare; evenienza che non ricorre allorché, a seguito della separazione personale, sia cessato lo stato di convivenza tra i coniugi” (Ordinanza n.15277/2019).
Attenzione! Ricordo, infine, che nel caso non sussista il diritto di abitazione, i terzi potrebbero chiedere (ed ottenere) i frutti e il risarcimento dei danni derivanti dall’utilizzo esclusivo dell’immobile. Ed infatti, in tema di frutti civili in tema di comunione si rileva che “nel caso in cui la cosa comune sia potenzialmente fruttifera, il comproprietario, che durante il periodo di comunione abbia goduto l’intero bene da solo senza un titolo che giustifichi l’esclusione degli altri partecipanti alla comunione, deve corrispondere a questi ultimi, quale ristoro per la privazione dell’utilizzazione pro quota del bene comune e dei relativi profitti, i frutti civili, con riferimento ai prezzi di mercato correnti, frutti che, identificandosi con il corrispettivo del godimento dell’immobile che si sarebbe potuto concedere ad altri, possono – solo in mancanza di altri più idonei criteri di valutazione – essere individuati nei canoni di locazione percepibili per l’immobile” (Cass. n. 18270/2014).
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