Per la Cassazione configura minaccia ai sensi dell’art. 612 c.p. il gesto della suocera di avvicinarsi a pochi centimetri dalla nuora con l’intento di colpirla (volontà evitata solo dall’intervento di terzi). Nel caso in esame per il Giudice di Pace la condotta era stata inquadrata come “deprecabile ma non minatoria”, ma per i giudici di legittimità si tratta di una vera e propria minaccia.
La vicenda processuale: per il giudice di Pace non è minaccia
Il pubblico ministero presso il Tribunale di Genova ricorre in Cassazione avverso detta sentenza assolutoria che aveva visto assolvere l’imputata dall’accusa di minaccia. Viene lamentata l’erronea applicazione dell’art. 612 c.p. relativo alla minaccia, che stabilisce che “Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 1.032 euro. Se la minacciaè grave o è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno. Si procede d’ufficio se la minaccia è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339.”
Nel proprio ricorso il p.m lamenta che il Giudice di pace aveva “pronunciato l’assoluzione dell’imputata prima dell’apertura del dibattimento, reputando insussistente la minaccia solo sulla base del capo di imputazione. Non è condivisibile che il solo avvicinarsi all’imputata a pochi centimetri dal viso della persona offesa per colpirla (non andando oltre per l’arrivo di terzi) non fosse condotta assimilabile alla minaccia”.
Il procuratore generale, condividendo le motivazioni del p.m., richiede l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Giudice di Pace.
Annullata la sentenza e rinviata al Giudice di Pace
La Cassazione, con sentenza n. 25031/2020 ritiene il ricorso fondato e stabilisce che la sentenza impugnata vada annullata con rinvio al giudice di primo grado. L’argomentazione apportata dal G.D.P. è che la condotta addebitata alla convenuta sia “deprecabile ma non minatoria”: motivazione che secondo i giudici di legittimità è “così stringata che non fornisce una spiegazione effettiva circa le ragioni della mancata riconducibilità del fatto. La condotta in questione vede l’imputata che si avvicina a pochi centimetri dal volto della ex nuora allo scopo di colpirla, non riuscendo nell’intento per l’intervento di terzi.”
Per la Cassazione tale condotta, “a dispetto di quanto ritenuto dal Giudice di pace, è dotata di una concreta portata minatoria di carattere non verbale, che è astrattamente suscettibile di rientrare nel paradigma punitivo. La giurisprudenza ritiene integrata la fattispecie di cui all’art. 612 c.p. anche quando in assenza di parole intimidatorie o di gesti espliciti, sia adottato un comportamento univocamente idoneo a generare timore, così da diminuire o turbare la libertà psichica del soggetto passivo”.
Per questo motivo la Cassazione ritiene che il giudice di pace debba riesaminare la sentenza fornendo un’adeguata motivazione in merito all’iter logico-giuridico seguito.
Per una consulenza legale: info@iltuolegale.it – 02 94088188
Non si effettua consulenza legale gratuita.
È assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo presente in questo articolo senza il consenso dell’autore. In caso di citazione è necessario riportare la fonte del materiale citato.