A chi dovrebbero essere affidati i figli di una coppia omosessuale, nati da fecondazione assistita, in caso di separazione?
Scrivo di un argomento che mi appassiona: lo status di figlio nato con procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo da una coppia formata da due donne.
Figli di coppia omosessuale con procreazione assistita: il caso
Il caso è stato recentemente trattato dal Tribunale di Padova che, con ordinanza del 9.12.2019 pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 8.07.2020, si è rivolto alla Corte Costituzionale.
Ecco, in sintesi, cosa è successo.
Nel corso di una stabile relazione affettiva mai, però, formalizzata con unione civile, due donne decisero di intraprendere un percorso di fecondazione assistita eterologa.
Dopo alcuni tentativi infruttuosi, nel 2010, le due donne si rivolsero ad una clinica spagnola per procedere alla fecondazione con stimolazione ormonale, per la quale entrambe prestarono il consenso scritto.
La procedura andò bene e nacquero così due bambine.
Fino al Febbraio del 2017 entrambe le donne furono coinvolte nella vita, nella cura e nell’educazione delle bambine.
Quando il rapporto entrò in crisi le parti elaborarono un accordo scritto nel quale disciplinarono sia gli aspetti economico-patrimoniali, sia quelli personali, concordando la residenza delle figlie prevalentemente presso la madre biologica. Gli incontri con l’altra madre sarebbero avvenuti a fine settimana alternati e una o due volte durante la settimana.
Nel Luglio del 2018, però, la madre non biologica chiese di procedere all’adozione delle bambine. L’altra mamma, però, negò la propria disponibilità e pressoché contemporaneamente le revocò la delega al prelievo a scuola, comunicandole che non avrebbe più potuto vedere le bambine e iniziò a rifiutare il bonifico bancario con il contributo al mantenimento, estromettendo – di fatto – l’altra mamma dalla vita delle bambine.
Quest’ultima, quindi, ricorreva al Tribunale chiedendo il riconoscimento delle minori.
Il quadro normativo mostra diverse lacune
Secondo i Giudici il caso affrontato presenta delle peculiarità rispetto ad altre situazioni già affrontate dalla giurisprudenza e, in particolare:
- la nascita in Italia delle bambine;
- la mancata dichiarazione congiunta davanti all’ufficiale di stato civile in occasione della nascita;
- la sopravvenuta cessazione della relazione affettiva tra le due donne;
- l’impraticabilità dell’adozione in casi particolari in quanto la Legge prescrive l’assenso dei genitori dell’adottando che, nel caso in esame, avrebbe dovuto essere espresso dall’unico genitore legale.
Secondo i Giudici, gli interessi di cui si invoca la tutela sono della massima importanza e sono sanciti dalle norme della Costituzione, della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, della Convenzione EDU ed essendo ravvisabile un vuoto di tutela da parte dell’ordinamento di questi diritti è necessario vagliare la costituzionalità delle norme ed in particolare dell’art. 8, 9 della Legge n.40/2004 nonché dell’art. 250 c.c. laddove non consentano al nato nell’ambito di un progetto di procreazione medicalmente assistita eterologa praticata da due donne l’attribuzione dello status di figlio riconosciuto anche della donna che insieme alla madre biologica abbia prestato il consenso alla pratica fecondativa, ove non vi siano le condizioni per procedere all’adozione nei casi particolare e sia accertato l’interesse del minore.
In particolare, secondo i Giudici, le norme contrasterebbero con l’art.2 della Costituzione. La violazione sarebbe ravvisabile nell’assenza di tutela del diritto inviolabile del minore ad avere un’identità che gli consenta di veder riconosciuti e di poter azionare i suoi diritti nei confronti di chi si è assunto la responsabilità della procreazione, anche nell’ambito di una formazione sociale che, benché non sussumibile nella famiglia tradizionale è, comunque, meritevole di tutela.
Secondo i Giudici si ravvisa, poi, una violazione degli artt. 3 e 177 della Costituzione e dell’art. 14 della Convenzione EDU in presenza di un’ingiustificata disparità di trattamento tra i nati, non solo a seconda che siano stati concepiti con fecondazione eterologa praticata da coppia eterosessuale o da coppia omosessuale, ma anche a seconda che siano stati concepiti da fecondazione eterologa praticata da coppia omosessuale che possano essere adottati o che non possano esserlo, essendo questi ultimi destinati ad un perenne stato di figli con un solo genitore, non riconoscibili dall’altra persona che ha contribuito al progetto procreativo.
Ed ancora, la violazione dei principi di cui agli artt.2,3, 30 e 117 della Costituzione e dell’art.8 della Convenzione EDU sussiste anche con riferimento al diritto alla biogenitorialità, ossia al diritto di ogni bambino ad avere due persone che si assumono la responsabilità di provvedere al suo mantenimento, alla sua educazione, alla sua istruzione, nei confronti dei quali può vantare diritti successori ma soprattutto poter agire in caso di inadempimento e di crisi della coppia.
Si attende la decisione della Corte Costituzionale
Reputa, quindi, il Tribunale che a fronte di una situazione di irragionevole discriminazione, che comporta un pesante stigma fin dalla nascita, sia compito dello Stato rimuovere gli ostacoli di ordine sociale che limitano di fatto l’uguaglianza e impediscono il pieno sviluppo della persona.
Il Tribunale, quindi, si rivolge alla Corte Costituzionale affinché verifichi la legittimità costituzionale delle norme.
E noi attendiamo di conoscere la decisione della Corte sull’argomento.
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