Fumare fa male e non ti spetta nessun risarcimento

Se avete vissuto una vita da fumatori incalliti, se avete  trascorso ogni singolo giorno scandito da pause-sigarette, se il forte sapore di fumo era il primo che sentivate di mattina e l’ultimo prima di dormire, sappiate una cosa: non vi spetta nessun risarcimento in caso dovesse presentarsi una malattia derivante da questo stile di vita.

Metto le mani avanti, perché questo concetto non era chiaro al fumatore che è arrivato fino alla Cassazione per vedersi chiudere un bel portone in faccia: la malattia derivante dal fumo non causa in alcun modo risarcimento.

La pretesa di risarcimento dell’uomo che ha vissuto a pane e fumo

risarcimento

Se ben ricordate, a seguito di una causa multimilionaria che ha visto perdente una nota marca di sigarette, è già dagli anni ’70 che i grandi colossi di questo business pubblicizzano e mettono ben in evidenza quanto il fumo possa essere dannoso per la salute umana.

Sui pacchetti di sigarette e di tabacco, infatti, ormai è tutto ben in vista: scritte “il fumo uccide”, “il fumo danneggia gravemente la tua salute” e immagini un po’ raccapriccianti, ricoprono quasi per intero le confezioni. Nonostante ciò sono migliaia i fumatori in Italia, che non si curano delle conseguenze di questo vizio.

La Corte di Cassazione con sentenza n. 11272 del 10 Maggio 2018 ha lanciato un concetto chiaro e forte: è cosa nota che il fumo faccia male alla salute e fumare è una scelta libera, ma nessun risarcimento spetta al fumatore che si ammala a causa di questo vizio.

Il fumatore che vuole essere risarcito: la vicenda dinnanzi ai giudici di primo e secondo grado

Nel caso in esame un fumatore ha citato in giudizio sia il produttore che il distributore di una marca di sigarette, oltreché il Ministero della Salute. L’obiettivo era di ottenere il risarcimento dei danni patiti per la grave malattia (carcinoma al lobo inferiore del suo polmone sinistro) contratta a causa del fumo.

La tesi sostenuta dal legale del tabagista era che le sostanze contenute all’interno delle sigarette generavano in lui uno stato di bisogno così intenso da generare una dipendenza psichica e fisica. In tal senso il produttore e distributore sarebbero responsabili di aver commercializzato questa merce, ed il Ministero della Salute di non aver salvaguardato correttamente la salute pubblica.

Tale versione non ha affatto convinto né i giudici di primo grado né quelli d’Appello, in particolare quest’ultimi avevano ritenuto insussistente il nesso causale tra il danno lamentato e le condotte dei convenuti, evidenziando come ormai da decenni è risaputa e costituisce comune esperienza la dannosità del fumo.

Il risarcimento è stato escluso per la conoscibilità del fatto e per il “principio della causa prossima di rilievo” rilevante poiché la scelta di fumare è libera, consapevole ed autonoma, assunta da soggetti dotati di capacità d’agire.

L’aver fumato abitualmente dai due ai quattro pacchetti al giorno, è un fatto che autonomamente è sufficiente a causare l’evento, in questo caso il danno. La nicotina, inoltre, non è una sostanza che annulla la capacità di autodeterminazione del soggetto obbligandolo a fumare quotidianamente tutte quelle sigarette.

Anche la Cassazione boccia il risarcimento

Tutte queste considerazioni sono state pienamente condivise dalla Cassazione, che ha escluso il nesso eziologico necessario per individuare una responsabilità risarcitoria.

La Suprema Corte, ha ritenuto i motivi proposti dal legale del fumatore assolutamente inammissibili, ha rigettato il ricorso e la richiesta di risarcimento, condannando l’attore alle spese del giudizio.

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