Una delle regole fondamentali del diritto delle successioni è la nullità dei patti successori sancito dall’art. 458 c.c.
Questa norma, in buona sostanza, vieta che il testatore possa disporre dei propri beni attraverso un accordo con i propri eredi. Nello stesso tempo un soggetto (futuro erede) non può disporre dei diritti che gli spetteranno su di una futura eredità, né può rinunciare ai medesimi.
L’unico strumento giuridico che la legge riconosce ad una persona per regolare i propri interessi post mortem è il testamento.
Questa fondamentale regola è stata in parte “scalfita” dall’introduzione nel 2006 del Patto di Famiglia.
Con il patto di famiglia, in deroga a quanto previsto dall’art. 458 c.c., è possibile per un soggetto decidere già in vita la sorte di determinati beni.
La norma è rivolta esclusivamente ai titolari di azienda o di partecipazioni societarie. In questi casi, infatti, è possibile per il titolare decidere attraverso un contratto di trasferire l’azienda o le partecipazioni societarie ad uno o più dei suoi discendenti.
Si tratta, in altri termini, di una disposizione che ha previsto, per la prima volta nel nostro panorama legislativo, la possibilità di agevolare l’imprenditore nel c.d. “passaggio generazionale della società”.
È infatti noto (e naturale) che tra i figli di un determinato imprenditore ve ne possa essere uno, o più di uno, più portato per la gestione dell’azienda, ragion per cui è preferibile che sia costui a gestire l’azienda quando l’imprenditore avrà cessato di vivere.
Con il patto di famiglia è oggi possibile per l’imprenditore “sistemare” già in vita, senza rischiare future impugnative di eredità, la propria azienda.
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