La Corte Costituzionale in una recente sentenza ( sent. n. 99/2024) ha chiarito che il dipendente pubblico con uno o più figli minori di tre anni ha diritto al trasferimento presso la sede dove è fissata la residenza della famiglia.
Dipendenti pubblici e figli piccoli: cos’ha stabilito la Corte Costituzionale
La sentenza n. 99/2024 della Suprema Corte ha spiegato che è da ritenersi illegittimo costituzionalmente l’art. 42-bis, c.1, del Dlgs 151/20 01 (ossia il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53) relativamente alla parte in cui si prevede, per il dipendente pubblico genitore di uno o più figli di massimo tre anni, la possibilità di essere destinato “ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa”, al posto che “ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale è fissata la residenza della famiglia o nella quale l’altro genitore eserciti la propria attività lavorativa”.
In sostanza, il dipendente pubblico ha diritto ad essere trasferito dove vive la propria famiglia, finché i figli hanno meno di tre anni.
La ratio della norma che tutela i dipendenti pubblici con figli piccoli
Lo scopo della normativa, così come spiegato dalla Corte Costituzionale nella pronuncia, è quello di favorire la ricomposizione dei nuclei familiari, tutelando quanto più possibile la crescita sana dei bambini, specialmente nei primi anni di vita. Le difficoltà che comporta, per una coppia con figli, vivere separati in province o regioni diverse, infatti, influisce necessariamente sulla crescita dei bambini.
La legge in questo caso si trova a privilegiare il sostegno e la promozione della famiglia, dell’infanzia e della parità dei genitori nell’accudire i figli piuttosto che la vita lavorativa. Per questo motivo, spiega la Corte, consentire il trasferimento temporaneo dei dipendenti pubblici lontano dalla propria famiglia non tutela gli infanti, motivo per cui è stato disposto il diritto al trasferimento non nella regione/provincia dove uno dei genitori lavora, ma dove la famiglia risiede (nello specifico dove è domiciliato il minore, come previsto dall’art. 45 c.2, c.c.).
Grazie a questa interpretazione è possibile per i genitori concentrarsi sulle scelte educative e di crescita dei figli piccoli senza i condizionamenti dovuti a un trasferimento non voluto, che porti uno dei due lontano dalla casa familiare, con tutte le conseguenze che ciò comporta.
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