Negli scorsi mesi abbiamo già parlato di smart working, il così detto “lavoro agile” che durante la pandemia ha consentito a tanti lavoratori di operare da casa senza rischiare contagi sul posto di lavoro, modalità prevista da tempo nel nostro ordinamento.
In questi mesi una buona parte dei lavoratori italiani si è trovata a svolgere le proprie mansioni da casa, senza più recarsi sul proprio luogo di lavoro, ma come funziona se ci si dovesse far male? Sarebbe considerato infortunio sul lavoro? Se ci sono gli estremi, secondo l’Inail, sì.
Che cos’è un infortunio sul lavoro?
Per infortunio sul lavoro la legge intende ogni lesione originata, in occasione di lavoro, da causa violenta che determini la morte della persona o ne menomi parzialmente o totalmente la capacità lavorativa. Gli elementi integranti l’infortunio sul lavoro sono:
- la lesione
- la causa violenta
- l’occasione di lavoro
Per “occasione di lavoro” si intende una situazione in cui vi sia un nesso causale tra il lavoro e il verificarsi dei rischio cui può conseguire l’infortunio. Il rischio a cui si fa riferimento è quello specifico, determinato dalla ragione stessa del lavoro.
Se mi infortunio a casa mentre lavoro?
Considerando che il “lavoro agile” è una modalità di svolgimento dell’attività lavorativa il dipendente regolarmente assunto e assicurato che si faccia male durante l’orario lavorativo pur rimanendo a casa ha diritto al riconoscimento dell’infortunio sul lavoro e alle relative tutele Inail.
Il caso della lavoratrice di Treviso
Il caso destinato a fare la storia in materia di infortunio sul lavoro durante lo smart working è quello di una lavoratrice di Treviso che a settembre 2020, mentre si trovava a casa, parlando al telefono durante una conversazione lavorativa è rovinosamente caduta a terra riportando diverse lesioni. Una volta giunta in ospedale il personale del Pronto Soccorso ha effettuato la denuncia all’Inail che inizialmente ha respinto la richiesta di indennizzo della donna, non considerando quanto avvenuto come infortunio sul lavoro, seppur fosse collegato all’attività lavorativa.
La donna ha impugnato il rigetto presentando ricorso amministrativo all’Inail che questa volta ha deciso di accogliere le richieste di indennizzo avanzate dalla donna riconoscendo quanto successo come infortunio sul lavoro. Seppur non si tratti di una sentenza questa decisione ha posto le basi diventando un importante principio di diritto nel settore.
Si ha diritto ad un indennizzo
Una volta che l’Inail riconosce le lesioni subite come infortunio sul lavoro la pratica viene portata avanti come un qualunque altro caso di infortunio lavorativo non avvenuto in smart working: il lavoratore ha così diritto ad un indennizzo che fa riferimento al danno subito, alla gravità e alla permanenza dello stesso.
Infatti, secondo l’art. 23, Co.3, L. 81/2017 “Il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali. Il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, nei limiti e alle condizioni di cui al terzo comma dell’articolo 2 del testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni, quando la scelta del luogo della prestazione sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza.”
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