A confermarlo è la Cassazione con sentenza n. 13619/2020: la Daspo si applica anche alle partite in streaming proiettate su un maxi schermo allo stadio essendo anch’esse intese come manifestazioni sportive.
I primi gradi di giudizio
L’imputato viene condannato dal Tribunale di Piacenza alla c.d. “Daspo” per cinque anni, ossia l’obbligo di presentarsi presso la stazione dei Carabinieri all’inizio del primo tempo e all’inizio del secondo tempo di ogni incontro di calcio disputato dalla squadra tifata dall’imputato, amichevoli comprese.
Il primo motivo di ricorso
Tra i motivi di ricorso che spingono l’imputato in Cassazione, il primo è quello che i fatti che hanno determinato l’adozione del provvedimento del questore non siano stati posti in essere in occasione di una manifestazione qualificabile come sportiva, posto che si era trattato della proiezione in pubblico di una partita di calcio giocata altrove.
In tal senso, ripercorrendo i fatti, la Cassazione ritiene infondato tale motivo: in occasione dell’incontro di calcio citato, infatti, il maxi schermo per vedere la partita in streaming era stato installato presso lo stadio comunale. Un gruppo di tifosi aveva forzato i controlli entrando senza pagare il biglietto e travolgendo una signora che aveva riportato lesioni.
Gli altri due motivi di ricorso
Il secondo motivo di ricorso lamenta il difetto di motivazione della decisione sull’obbligo di presentarsi presso i Carabinieri anche nel corso delle amichevoli mentre, con il terzo, viene lamentato il difetto di motivazione dell’obbligo di presentarsi presso l’ufficio di pubblica sicurezza nel corso degli incontri disputati in trasferta.
Cosa si intende per “manifestazione sportiva”?
La questione da esaminare è se il fatto integri il presupposto dell’aver “preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive” o, comunque, di avere “nelle medesime circostanze incitato, inneggiato o indotto alla violenza”.
In merito a cosa si intenda per manifestazione sportiva la giurisprudenza si è già espressa più volte. Con l’art. 2-bis d.l. 336/2001 (disposizioni urgenti per contrastare i fenomeni di violenza in occasioni di manifestazioni sportive) si specifica che nell’interpretazione della giurisprudenza di legittimità è stato escluso che potessero essere ricompresi nel novero delle manifestazioni sportive quelle di commemorazione di un evento sportivo ( sez. 3 n.18924/2017), i festeggiamenti per la fondazione di un squadra sportiva ( n.44431/2011) e gli eventi privi di necessario collegamento immediato e stretta causalità tra l’azione ed una competizione sportiva.
La più recente giurisprudenza ha inteso la manifestazione sportiva anche nel caso in cui gli atti di violenza siano stati realizzati non durante l’effettivo svolgimento della manifestazione sportiva bensì in un momento diverso e non contestuale, a condizione che tali atti sino in rapporto di immediato e univoco nesso eziologico con essa (n.1767/2016) e anche nel caso di partecipazione ad una manifestazione di protesta, con violenza quanto meno su cose, posta in essere presso il comando di polizia dove debbano recarsi i tifosi colpiti da Daspo (n.13077/2019).
Perché “manifestazione sportiva” non è solo la partita stessa?
La ratio di questa decisione è quella di prevenire fenomeni di violenza tali da mettere a repentaglio l’ordine e la sicurezza pubblica in contesti, come le manifestazioni sportive, dove è più elevato il rischio di comportamenti violenti. La violenza espressa “a causa” delle manifestazioni sportive lascia prevedere che possa esprimersi anche “in occasione” delle medesime manifestazioni.
È manifestazione sportiva quindi vale la Daspo
Il Collegio ritiene dunque che nel caso in esame ricorra senza alcun dubbio una manifestazione sportiva in occasione della quale sono stati posti in essere dall’imputato atti di violenza: non ha importanza il fatto che la partita trasmessa in diretta fosse giocata altrove e i giocatori non fossero fisicamente presenti: la Daspo vale anche in questi casi.
Il contenuto dell’obbligo imposto dalla Daspo è riferito a tutte le partite di calcio disputate dalla squadra tifata dall’imputato, non essendo necessario che le manifestazioni sportive sino nominativamente indicate, comprendendo quelle amichevoli per le quali sussiste l’obbligo di presentarsi a firmare.
Il rinvio al Tribunale
L’obbligo della doppia firma può essere imposto anche con riguardo a competizioni che si svolgono in trasferta (anche se non sempre la trasferta permette a chi ha effettuato una sola presentazione, di raggiungere poi in tempo utile il luogo di svolgimento della competizione), purché, avuto riguardo alla situazione di fatto, tale prescrizione non sia irragionevole. Non ha dunque alcun senso imporre la doppia firma se, comunque, l’interessato non riuscirebbe a raggiungere il luogo della partita in tempo dopo la prima firma.
Nel caso di specie infatti
la prescrizione della doppia firma appare irragionevole avuto riguardo:
a) all’ambito interregionale nel
quale la squadra disputa attualmente il campionato di calcio lega Pro, Girone C
(che comporta trasferte anche in località non tutte raggiungibili nell’arco di
un paio d’ore);
b) al fatto che il divieto riguarda anche le partite amichevoli;
c) alla possibile promozione al campionato di serie B nei cinque anni successivi
Per questi motivi la Corte, ritenendo fondato il terzo motivo di ricorso dell’imputato, annulla l’ordinanza impugnata rinviandola al Tribunale per un nuovo esame sulla proporzionalità della misura.
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