La messa alla prova nel processo minorile rappresenta una grande opportunità per l’imputato.
I soggetti che compiono reati quando ancora non hanno compiuto la maggiore età, sono soggetti al processo minorile, disciplinato dal D.P.R. 22/09/88 n. 448.
Per quanto non espressamente previsto in tale decreto, trovano applicazione le norme contenute nel codice di procedura penale, ossia quelle dettate per gli adulti.
Il modello così delineato risulta finalizzato alla rieducazione ed alla risocializzazione del reo, ricorrendo alla sua punizione quando proprio non è possibile azionare gli strumenti alternativi di definizione del giudizio, descritti appunto nel DPR citato.
Il risultato è quello di un sistema che rasenta la perfezione e che è invidiato da molti altri Paesi che si rifanno al nostro per delineare le norme da applicare nei loro territori.
In cosa consiste la messa alla prova
Uno dei più significativi strumenti alternativi è rappresentato dalla messa alla prova, istituto mutuato in seguito con alcune significative differenze anche per il processo degli adulti.
La messa alla prova è una misura di natura educativa che mira al recupero e al reinserimento sociale del minorenne che ha commesso un reato.
L’ottenimento della messa alla prova necessita da parte del minore una rivisitazione critica del fatto reato ed un serio pentimento, con l’assunzione di un patto tra l’imputato ed i Giudici con cui il minore si impegna “a cambiare vita” in cambio della pronuncia di estinzione del reato.
Da un punto di vista procedurale, per poter accedere alla messa alla prova occorre predisporre, con il necessario intervento dei Servizi Sociali dei Minorenni che hanno in carico il minore, un progetto da realizzare (es. riattivazione percorso scolastico, frequenza corsi professionali, ricerca ed attivazione attività lavorativa) tenuto conto delle aspettative e dei desideri dell’interessato.
Una volta giunti al giudizio, quindi, previa manifestazione del minore ai Giudici della volontà di accedere alla prova, se concessa, i servizi vengono invitati alla predisposizione del suddetto programma che può essere attuato anche in regime comunitario.
Infatti, vi possono essere dei casi in cui il soggetto, già inserito come misura cautelare in comunità non venga ritenuto “pronto” per il rientro a casa in quanto, per la gravità del fatto commesso e/o per il numero di analoghe condotte (precedenti di polizia), lo stesso potrebbe ricadere nella commissione di nuovi reati.
Se concessa la messa alla prova, i Giudici sospendono il processo per un determinato periodo, graduato in ragione della gravità del reato commesso, affidando il minore ai servizi in modo che venga garantito il rispetto del suddetto programma.
Durante il periodo di sospensione, spetterà ai Servizi relazionare ai Giudici la condotta del minore, nonché al minore comparire dinnanzi ad uno dei componenti del Collegio per verificare l’andamento del progetto.
La verifica dell’esito della prova
Al termine del periodo di sospensione, i Giudici fisseranno un’udienza di verifica in cui verificato l’esito positivo della messa alla prova, dichiareranno l’estinzione del reato, senza alcuna conseguenza per il minore.
Diversamente, l’accertato esito negativo della prova, comporterà la prosecuzione del processo, con eventuale sentenza di condanna nel caso in cui venga accertata la penale responsabilità dell’imputato.
La messa alla prova è uno strumento importante del diritto penale minorile che può contribuire al recupero e al reinserimento sociale del minorenne che ha commesso un reato.
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