La riforma del condominio: opere su parti di proprietà o di uso individuale

L’acquisto di un immobile in un contesto condominiale esige che il proprietario, nel godimento del suo immobile, tenga conto degli interessi afferenti alle altrui proprietà, nonché a quelle comuni tra tutti i condomini.
Capita molto di frequente domandarsi se un’opera eseguita su un terrazzo, un balcone, un giardino (es. una parabola, una tubazione, una rete metallica, un manufatto porta attrezzi, la trasformazione di un balcone in veranda ecc.) possa ritenersi consentita o se al contrario, gli altri condomini possano legittimamente pretenderne la rimozione.
Prima ancora di verificare il rispetto dell’opera dei limiti imposti dalla legge, occorrerà verificare se il regolamento condominiale in uso preveda qualcosa in merito.
Un regolamento condominiale di natura contrattuale – ossia predisposto dall’originario costruttore unico proprietario dell’immobile ed in seguito via via accettato in sede di acquisto delle singole unità immobiliari oppure adottato da delibera assembleare con il voto favorevole unanime dei condomini – può infatti vietare l’esecuzione di particolari opere all’interno della proprietà esclusiva, oppure subordinarle alla preventiva approvazione dell’assemblea.
I limiti imposti dalla legge, invece, trovano già spazio nel testo attualmente in vigore di cui all’art. 1122 Codice Civile con cui il Legislatore – pur nella sua infelice titolazione “Opere sulle parti dell’edificio di proprietà comune” – ha inteso porre un generico divieto a ciascun condomino “di eseguire nel piano o nella porzione di piano di sua proprietà opere che arrechino danno alle parti comuni dell’edificio”.
Tale generica previsione è stata poi opportunamente integrata dalla giurisprudenza la quale ha ricompreso nel concetto di danno anche la violazione del decoro architettonico dell’edificio.
La nuova formulazione dell’articolo in esame introdotta dal legislatore con la riforma del condominio, nel suo testo definitivamente approvato con la Legge 11 dicembre 2012 n. 220 pubblicata in G.U. del 17 dicembre 2012 n. 293, che entrerà in vigore dal 18/06/2013, ha un buon esordio, ma un mal riuscito finale.
Cambia infatti la titolazione per renderla più consona al suo contenuto in “Opere su parti di proprietà o uso individuale” ed estende il suo campo di applicazione anche alle parti che pur non essendo di proprietà esclusiva, vengono concesse ad un condomino in uso esclusivo (es. lastrico solare, locale ex portineria ecc.).
Nella consacrazione del principio secondo cui nel condominio il singolo proprietario non può fare un uso indiscriminato del suo bene in danno degli altri, accanto al generico limite del pregiudizio alle parti comuni, vengono ora codificati i limiti oltre cui l’attività sulla parte esclusiva è vietata, ossia “il pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio.
Va ricordato che tale norma trova applicazione per le sole modifiche apportate alla parte di proprietà esclusiva, mentre qualora l’opera insista su parti comuni (es. facciata, tetto) occorrerà rifarsi agli articoli 1102 Codice Civile in caso di modifica intesa a conseguire un migliore e più intenso godimento della cosa comune, ed all’art. 1120 Codice Civile in caso di innovazione, ossia di particolari modificazioni che rendono nuova la cosa, con trasformazioni, alterazioni, cambiamenti dell’originaria funzione e destinazione, ovvero con un’alterazione della sua entità sostanziale.
Di assoluta novità e di significato poco chiaro è, però, l’introduzione nell’art. 1122 Codice Civile del comma secondo che impone al condomino di dare preventiva notizia all’amministratore dell’inizio di qualsivoglia intervento nel proprio appartamento, il quale provvederà poi a riferire all’assemblea.
L’espressione “in ogni caso” usata dal legislatore sembra far intendere che detto obbligo di comunicazione possa riguardare qualsiasi tipologia di intervento eseguito all’interno di un’unità immobiliare di proprietà o di uso esclusivo, a prescindere dalla sua potenziale “pericolosità” per la cosa comune, ossia dalla possibilità che l’intervento possa arrecare danno, comportando un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio.
In realtà, da una lettura di insieme dell’articolo, sembra più plausibile che detto obbligo di informazione vada limitato alle sole opere idonee ad avere una qualche rilevanza per le parti comuni, nei termini di possibile violazione dei limiti espressi dalla normativa di legge in esame.
Infine, occorre soffermarsi sulla possibile finalità dell’intervento preventivo dell’assemblea, a seguito della conoscenza dell’intenzione di un condomino di eseguire dette opere.
Tralasciando i problemi relativi al potere di intervento in materia ad opera dell’assemblea (visto che in caso di possibile lesione di un bene comune ciascun condomino sarebbe legittimato ad agire) ed alla relativa forza vincolante della sua decisione, a mio parere, lo scopo dell’intervento dell’assemblea prima di eseguire l’opera serve per scoraggiare sul “nascere” un’iniziativa che non ottiene il consenso dell’assemblea.
Ossia, mentre in passato l’opera per essere eseguita non richiedeva alcuna preventiva autorizzazione, con la conseguenza che in caso di sua illegittimità, risultava inevitabile il ricorso all’autorità giudiziaria per condannare il condomino alla sua rimozione, oggi quest’ultimo non volendo andare in giudizio, sarà sempre libero di rinunciare al progetto, prima della sua esecuzione.
E pertanto detto ultimo comma dell’articolo in esame può essere visto nell’ottica di limitare il ricorso all’Autorità Giudiziaria, consentendo al singolo condomino di ottenere una sorta di parere preventivo di legittimità dell’opera che intende eseguire.
In caso di dissenso e non volendo andare in giudizio impugnando la delibera assembleare che ha disposto un ingiustificato rigetto della sua istanza, dovrà abbandonare il progetto ritenuto lesivo per le parti comuni ad opera dell’organo assembleare, per non incorrere, diversamente, in possibili azioni promosse dall’assemblea o anche da un singolo condomino, volte ad ottenere la rimozione dell’opera, oltre alla condanna al risarcimento dei danni cagionati.

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