L’art. 155 quinquies stabilisce che “il Giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico.
Tale assegno, salvo diversa determinazione del Giudice, è versato direttamente all’avente diritto” e presuppone la legittimazione concorrente del genitore con quella del figlio alla richiesta dell’assegno di mantenimento.
La legittimazione del genitore in luogo del figlio non sussiste a prescindere ma solo nel caso in cui tra il genitore affidatario e il figlio persista un rapporto di coabitazione.
Ed infatti:
“il genitore, separato o divorziato, al quale il figlio sia stato affidato durante la minore età, pur dopo che il figlio (non ancora autosufficiente) sia divenuto maggiorenne, continua, in assenza di un’autonoma richiesta da parte di quest’ultimo, ad essere legittimato iure proprio ad ottenere dall’altro genitore il pagamento dell’assegno per il mantenimento del figlio, sempre che tra il genitore già affidatario e il figlio persista il rapporto di coabitazione” (Cass. Civile n.11320/2005).
Occorre, però, soffermarsi sulla nozione di coabitazione.
Secondo i Giudici della Suprema Corte “al fine di ritenere integrato il requisito della coabitazione basta che il figlio maggiorenne – pur in assenza di una quotidiana coabitazione, che può essere impedita dalla necessità di astenersi con frequenza, anche per non brevi periodi, per motivi, ad esempio, di studio – mantenga tuttavia un collegamento stabile con l’abitazione del genitore, facendovi ritorno ogniqualvolta gli impegni glielo consentano e questo collegamento, se da un lato costituisce elemento per ritenere non interrotto il rapporto che lo lega alla casa familiare, dall’altro concreta la possibilità, per tale genitore di provvedere, sia pure con modalità diverse, alle esigenze del figlio” (Cass. Civile n.11320/2005).
Più di recente, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla questione della legittimazione di una madre a richiedere iure proprio all’ex coniuge un contributo per il mantenimento del figlio trasferito per ragioni di studio lontano da casa.
Secondo la sentenza della Corte di merito, avendo il figlio cessato la coabitazione con la madre, quest’ultima avrebbe perso la legittimazione a chiedere l’aumento dell’assegno di mantenimento per lo stesso.
Avverso tale sentenza, la madre ricorreva alla Corte di Cassazione deducendo che “la corte d’appello non avrebbe sostanzialmente giustificato la propria affermazione in ordine alla perdita in capo a quest’ultima della legittimazione a richiedere iure proprio la modifica dei provvedimenti patrimoniali relativi al mantenimento del figlio, limitandosi a sostenere il venir meno del presupposto della convivenza con lui, per essersi lo stesso trasferito per motivi di studio”.
I Giudici della Suprema Corte, però, hanno rigettato tale doglianza confermando la pronuncia della corte di merito che aveva escluso la sopravvivenza della legittimazione della madre a richiedere all’ex coniuge il contributo per il mantenimento del figlio, ritenendo sufficiente ad avvalorare l’insussistenza del requisito della coabitazione la locazione di un appartamento lontano da casa, seppur per motivi di studio.
I Giudici, infatti, pur ritenendo vero quanto affermato in passato sul requisito della coabitazione, danno atto di un recente indirizzo della giurisprudenza della Corte sulla tematica dell’assegnazione della casa coniugale: “più recentemente, con riferimento alla tematica dell’assegnazione della casa familiare, la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che la nozione di convivenza rilevante a tali effetti comporta la stabile dimora del figlio presso l’abitazione di uno dei genitori, con eventuali, sporadici allontanamenti per brevi periodi e con esclusione, quindi, dell’ipotesi di saltuario ritorno presso detta abitazione per i fine settimana, ipotesi nella quale invece si configura un rapporto di mera ospitalità.
Deve, pertanto, sussistere un collegamento stabile con l’abitazione del genitore, benché l’abitazione possa non essere quotidiana, essendo tale concetto compatibile con l’assenza del figlio anche per periodi non brevi per motivi di studio o di lavoro, purché egli vi faccia ritorno regolarmente appena possibile; quest’ultimo criterio, tuttavia, deve coniugarsi con quello della prevalenza temporale dell’effettiva presenza, in relazione ad una determinata unità di tempo” (Cass. Civile n.4555/2012).
Sulla base, pertanto, di questo recentissimo indirizzo i Giudici hanno rivisto la nozione di coabitazione restringendo ancora di più il potere del genitore affidatario di richiedere iure proprio all’ex coniuge l’assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne.
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