Si è rifiutato di lavorare il primo maggio ed è stato per questo licenziato: secondo la Cassazione non lavorare durante i giorni festivi è uno dei diritti inviolabili del lavoratore.
Il processo di primo grado
L’uomo era stato lasciato a casa dal lavoro perché rifiutatosi di lavorare un giorno festivo. Aveva quindi impugnato il licenziamento davanti al Tribunale di Siracusa chiedendo di accertare e dichiarare l’illegittimità, la nullità e l’ assenza di una giustificazione valida per il licenziamento subito, con condanna della società alla reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento di un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal momento del recesso a quello della effettiva reintegra, alla regolarizzazione assistenziale e previdenziale e al risarcimento degli ulteriori danni all’integrità psico-fisica. Inoltre il lavoratore aveva chiesto anche la condanna all’azienda al pagamento delle differenze retributive e crediti di lavoro a titolo di mansioni superiori, lavoro straordinario e differenze TFR.
Il Tribunale di Siracusa ha, però, rigettato la domanda del lavoratore.
Il processo di secondo grado
Nel 2017 la Corte d’appello di Catania ha riformato la decisione del Tribunale accertando e dichiatando che il lavoratore aveva subito un licenziamento per giustificato motivo soggetto, , condannando l’azienda a corrispondere in favore del lavoratore l’indennità di preavviso spettante in base al contratto collettivo.
Il lavoratore impugnava, quindi, la sentenza dinnanzi alla Corte di Cassazione.
La decisione della Cassazione
Secondo gli Ermellini – si legge nella sentenza 18887/19 – la legge n. 260/49 riconosce al lavoratore il diritto di astenersi dal prestare la propria attività in determinate festività celebrative di ricorrenze civili e religiose, con esclusione, di eventuali sue integrazioni analogiche o commistioni con altre discipline (Cass. N. 22482/2016).
L’unica eccezione prevista è riferita al “personale di qualsiasi categorie alle dipendenze delle istituzioni sanitarie pubbliche e private”, soggetto all’obbligo della prestazione lavorativa anche durante le festività in presenza di emergenze di servizio.
“La possibilità di svolgere o meno attività lavorativa nei giorni di festività infrasettimanale non deve, quindi, essere rimessa alla volontà esclusiva del datore di lavoro o del lavoratore ma derivare da un loro accordo.
La Corte, quindi, afferma che la Corte di merito non si era attenuta a questo principio. In particolare, la Corte di merito non aveva accertato se la norma di legge citata fosse stata derogata da un accordo individuale con il datore di lavoro o da accordi sindacali stipulati dalle OOSS. Tali indagini, infatti, erano necessarie al fine di valutare il rifiuto del lavoratore di prestare la propria attività lavorativa nella giornata del 1°Maggio e, quindi, la sussistenza della giusta causa e/o del giustificato motivo soggettivo dell’intimato licenziamento.
La Corte ha, quindi, rinviato alla Corte di Appello di Messina che dovrà procedere ad un nuovo esame della vicenda alla luce dei principi di diritto sopra enunciati.
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