Lo ha stabilito la sentenza della Corte di Cassazione del 9.1.13 n. 350, che ha dato ragione ad un cittadino che aveva contratto un mutuo per l’acquisto della propria casa ad interessi che riteneva usurai.
Il Tribunale e la Corte di Appello respingevano la sua domanda, mentre la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto del ricorrente accertando che il limite massimo degli interessi consentiti (c.d. tasso-soglia) – superato il quale detti interessi risultano usurai, e quindi illeciti – va calcolato sommando tutti gli interessi previsti nel contratto, e quindi anche l’importo degli interessi di mora previsti in aggiunta agli interessi di restituzione in caso di ritardo nel pagamento dei canoni di mutuo.
QUANDO GLI INTERESSI SONO USURAI?
Se la somma di tutti gli interessi convenuti nel contratto risulta superiore al limite previsto dalla legge, gli interessi devono considerarsi usurai, e sanzionati con la loro nullità.
Nel caso in cui si verifichi tale circostanza, il contratto di mutuo/finanziamento/fido rimane valido, ma non sono più dovuti interessi ad alcun titolo (nemmeno quelli legali).
CHI PUÒ CHIEDERE IL RISARCIMENTO?
Può chiedere la dichiarazione della nullità degli interessi convenuti nel contratto e la restituzione di quelli già pagati chi abbia stipulato:
A) contratti di:
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apertura credito in conto corrente
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finanziamenti per anticipi su crediti e documenti e sconto di portafogli commerciali
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crediti personali e finalizzati
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operazioni di leasing e factoring
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mutui
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altri finanziamenti a breve, medio e lungo termine
B) stipulati dopo il 02/04/1997
C) ancora in essere o definiti da non oltre dieci anni
APPROFONDIMENTO
Ai fini di arginare il fenomeno dell’usura, il legislatore ha emanato la Legge del 7/3/1996 n. 108 recante “Disposizioni in materia di usura”, la quale ha – tra le altre cose – stabilito il criterio per la determinazione del limite oltre il quale gli interessi sono usurai, cioè per la determinazione del c.d. “tasso-soglia”.
Il Ministero del Tesoro è infatti tenuto a rilevare trimestralmente il tasso effettivo globale medio (T.E.G.M.) degli interessi applicati dalle Banche e dagli intermediatori finanziari ed a pubblicarli sulla Gazzetta Ufficiale.
Si considerano automaticamente usurai gli interessi che superano il T.E.G.M. riferito all’ultimo trimestre pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, aumentato della metà.
Inoltre, la legge citata ha altresì modificato l’art. 1815 cod. civ. prevedendo che “se sono convenuti interessi usurai la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”.
Ciò significa che il contratto di mutuo/finanziamento/fido, ecc stipulato tra le parti rimane valido, ma colui che ha chiesto il prestito dovrà solo restituire il capitale secondo le rate concordate, senza l’aumento di alcun interesse.
In considerazione di gravi problemi interpretativi sulle molte questioni introdotte dalla Legge n. 108/1996 citata, il Governo interveniva emanando il Decreto Legge del 29/12/2000 n. 394 “Interpretazione autentica della legge 7marzo 1996 n. 108, recante disposizioni in materia di usura”, convertito nella Legge 28/2/2001 n. 24, il quali all’art. 1 dispone che “si intendono usurai gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”.
Come si evince dall’inciso evidenziato “a qualunque titolo”, il legislatore ha inteso ricomprendere ogni categoria di interessi prevista nei contratti, ivi inclusa la categoria degli interessi moratori.
Risulta invece sfavorevole a colui che chiede il prestito l’interpretazione relativa al momento in cui deve individuarsi l’eventuale illegittimità della richiesta di interessi a tassi usurai. La legge precisa infatti che viene preso in considerazione ai fini del calcolo del tasso-soglia solo il momento di stipula del contratto (“momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti”), senza che posa rileva la circostanza che interessi contenuti nel tasso-soglia al momento della stipulazione del contratto superassero in un secondo momento il limite massimo indicato dal rilievo trimestrale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Ciononostante, non mancano pronunce giurisprudenziali che superano tale ostacolo, sulla base di diverse interpretazioni della norma (vedasi, ad esempio, Corte d’Appello Milano, 06-03-2002).
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