Niente immersioni subacquee: diritto al risarcimento danno vacanza rovinata

Con la sentenza n. 4372 del 20 marzo 2012 la terza sezione della Corte di Cassazione ha riconosciuto che l’impossibilità di effettuare immersioni subacquee durante l’esecuzione di un pacchetto turistico comporta per il turista un danno risarcibile per “vacanza rovinata”.
La sentenza in esame prende le mosse dall’azione giudiziaria promossa da un sub ligure nei confronti del tour operator organizzatore del pacchetto vacanza acquistato, il quale non aveva informato il turista dell’impossibilità di effettuare immersioni nel periodo prescelto per il viaggio (per un divieto apposto dal luogo di villeggiatura), nonostante il turista avesse dichiarato che lo scopo e motivo principale del viaggio era proprio la possibilità di svolgere immersioni subacquee.
Dopo aver ottenuto il riconoscimento di un seppur minimo risarcimento (Euro 100,00) in primo grado, il Tribunale adito in sede di gravame respingeva la richiesta di risarcimento, rovesciando la sentenza di primo grado.
Avverso tale sentenza di appello il subacqueo proponeva ricorso per Cassazione, ottenendo in ultima istanza il riconoscimento del proprio diritto al risarcimento.
I Giudici della Suprema Corte sono stati chiamati a decidere, in sostanza, se l’omessa informazione circa il divieto di immersioni imposto in alcuni periodi dell’anno dal luogo di villeggiatura fosse una informazione da ritenersi rilevante ai fini della stipulazione del contratto di viaggio, e se tale omissione andasse quindi considerata una violazione di natura contrattuale, posta anche la circostanza che il subacqueo aveva manifestato in sede di stipulazione del contratto la propria volontà di svolgere immersioni durante la vacanza.
La Corte di Cassazione si è espressa positivamente, ritenendo che tale notizia fosse rilevante per il turista ai fini della stipulazione del contratto di viaggio, e dunque la sua omissione dovesse considerarsi una violazione dei doveri di informazione a cui è tenuto il tour operator, con conseguente obbligo di risarcimento del danno provocato al turista.
La Corte ha quindi rinviato la causa al Tribunale di Genova per la misura del risarcimento.
E’ interessante rilevare che nel caso in esame la Corte di Cassazione è giunta a questa conclusione pur decidendo in base alle norme in vigore al momento di proposizione della causa, norme precedenti l’entrata in vigore del Codice del Turismo (D.Lgs. n.79 del 23 Maggio 2011 in vigore dal 21 Giugno 2011) le quali poco chiarivano circa la rilevanza soggettiva di un elemento accessorio del contratto di viaggio (come, appunto, la possibilità o meno di svolgere immersioni subacquee) lasciando all’interpretazione del giudice di volta in volta adito il compito di decidere se nel caso sottoposto al suo esame la condizione accessoria di cui si lamentava l’inadempimento da parte dell’organizzatore dovesse qualificarsi come rilevante – dando diritto al risarcimento del danno – o meno.
Ora tale principio è chiaramente enunciato nella nuova normativa in materia turistica, il Codice del Turismo, appunto, la quale specifica che ai fini della qualificazione di pacchetto turistico, devono essere ricompresi quei “servizi turistici non accessori al trasporto o all’alloggio di cui all’articolo 36, che costituiscano, per la soddisfazione delle esigenze ricreative del turista, parte significativa del pacchetto turistico.”
L’art. 34 del Codice del Turismo chiarisce definitivamente la corretta interpretazione da attribuire alla norma, e risolvendo le incertezze sul punto afferma che l’interesse che rende significativo il servizio non accessorio deve essere valutato con riguardo alle esigenze ricreative del turista, indipendentemente dal valore economico del servizio rispetto al costo dell’intero pacchetto acquistato.

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