Quando è troppo è troppo, anche per un padre. E così, forse per insegnare qualcosa alla figlia, forse semplicemente perché stanco, un papà ha deciso di tagliare i fondi alla propria “bambina” 22enne dopo che questa ha rifiutato per ben due volte un’assunzione a tempo indeterminato. E per la Cassazione ha assolutamente ragione.
La figlia ha rifiutato ben due lavori a tempo indeterminato
A 22 anni, con il solo diploma di maturità, una giovane ragazza è riuscita a rifiutare ben due lavori a tempo indeterminato. Il primo, offertole dal padre avvocato, come segretaria. Il secondo, invece, come cameriera. Appreso dell’ennesimo diniego, che andava ad aggiungersi a numerosi progetti di studio lasciati a metà dalla figlia, il padre ha allora deciso di smettere di pagare l’assegno di mantenimento mensile di 300 euro che fino ad allora le consentiva di avere una discreta disponibilità economica senza muovere un dito.
Per i giudici ha ragione il padre
Il caso è approdato in Cassazione su ricorso della giovane, che ha impugnato le sentenze dei primi due gradi di giudizio che legittimavano la scelta del padre. I giudici della Suprema Corte, però, hanno confermato quanto già stabilito sia dal Tribunale di Gorizia nel 2018, sia dalla Corte d’Appello di Trieste nel 2020: la mancata indipendenza della 22enne è esclusivamente colpa sua, motivo per cui non può continuare a pesare sulle finanze dei genitori, considerato che potrebbe tranquillamente lavorare. Infondato, secondo la Corte, è il motivo di ricorso dell’attrice, che ha chiesto fosse data maggiore rilevanza alla sua giovane età e al percorso di formazione professionale ancora in itinere.
Per la Corte di Cassazione, il fatto di aver ingiustificatamente rifiutato le offerte di lavoro, attribuisce esclusivamente alla figlia il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica. Nella sentenza si legge che «deve escludersi che l’assegno di mantenimento persegua una funzione assistenziale incondizionata dei figli maggiorenni disoccupati, di contenuto e durata illimitata, dovendo il relativo obbligo di corresponsione venire meno nel caso in cui il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica si possa ricondurre alla mancanza di un impegno effettivo verso un progetto formativo rivolto all’acquisizione di competenze professionali o dipenda esclusivamente da fattori oggettivi contingenti o strutturali legati all’andamento dell’occupazione o del mercato del lavoro».
Differente situazione per l’altro figlio
Situazione differente, invece, per l’altro figlio di soli 18 anni che il padre aveva in egual misura lasciato senza soldi a causa dello scarso rendimento scolastico, delle molteplici assenze da scuola, delle note disciplinari e di diversi comportamenti ritenuti inadeguati e ingiustificati dai genitori.
Per questo figlio la Corte ha dichiarato non essere possibile tenere conto della condotta morale del 18enne, non essendo colpa sua se non è ancora economicamente indipendente, avendo appena compiuto la maggiore età.
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