Non è reato non far vedere la figlia all’ex aggressivo

Non è punibile la madre che non si presenta con la figlia agli incontri con l’ex aggressivo, se sono stati sospesi dai servizi sociali.

Non è reato non far vedere la figlia all’ex aggressivo

I primi gradi di giudizio: la ragione all’ex aggressivo

La Corte d’Appello di Caltanissetta ha parzialmente riformato la decisione di primo grado che condannava l’imputata alla pena di due mesi di reclusione per la mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (artt. 81 e 388 c.p.), dichiarandola non punibile per la tenuità del fatto. La donna era accusata di aver eluso le prescrizioni del tribunale rifiutando di partecipare e portare con sé la figlia minore agli incontri protetti settimanali da svolgere insieme all’ex aggressivo presso il servizio sociale, non permettendogli di incontrarla.

Il ricorso in Cassazione della donna

L’imputata propone ricorso in Cassazione contestando che la Corte d’Appello non aveva esaminato la giustificazione del comportamento inosservante proposto dall’imputata, secondo la quale i previsti incontri protetti della figlia minore con il padre, da svolgersi presso il servizio sociale, non si verificarono non per volontà dell’imputata ma per espressa decisione degli stessi servizi sociali. Inoltre il giudice di secondo grado non avrebbe neppure considerato le prove dei comportamenti violenti e minacciosi tenuti dal padre della bambina proprio nel corso degli incontri precedentemente effettuati, sia verso la sua ex compagna che nei confronti degli assistenti sociali. 

La decisione della Cassazione

La Cassazione con sentenza 12976/2020 reputa fondato il ricorso e annulla  la sentenza impugnata.

Secondo i giudici, affinché possa realizzarsi il reato, serve che il genitore affidatario si sottragga, con atti fraudolenti o simulati, all’adempimento del suo obbligo di consentire le visite del genitore non affidatario, ostacolandole attraverso comportamenti implicanti un inadempimento in mala fede e non riconducibile a una mera inosservanza dell’obbligo (Sez. U, n. 36692/2007).

I giudici di secondo grado avrebbero quindi erroneamente equiparato l’inadempimento alla elusione senza tener conto degli elementi a discarico dedotti dalla difesa sulla base delle numerose prove (come le dichiarazioni testimoniali rese dall’assistente sociale e dalla psicologa presso il consultorio familiare, unitamente alle relazioni dalle stesse redatte, la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Enna nei confronti dell’ex aggressivo, per i reati di minaccia e ingiuria, commessi ai danni della ricorrente nel medesimo arco temporale in cui si collocano i mancati appuntamenti di cui è accusata).

Per questi motivi la Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia la causa a un nuovo giudizio, dove dovranno essere presi in considerazione anche gli importanti elementi provati dalla difesa.

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