L’art. 156 c.c. dispone che “il giudice, pronunziando la separazione stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri”.
Le condizioni per il sorgere del diritto al mantenimento in favore del coniuge, cui non sia addebitabile la separazione, sono costituite dalla mancata titolarità di adeguati redditi propri ovvero di redditi che permettono al richiedente di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, nonché la sussistenza di una disparità economica tra le parti.
Ai fini della valutazione dell’adeguatezza dei redditi del soggetto che invoca l’assegno il parametro di riferimento, come confermato dalla giurisprudenza della Suprema Corte, è costituito “dalle potenzialità economiche complessive dei coniugi durante il matrimonio, quale elemento condizionante la qualità delle esigenze e l’entità delle aspettative del richiedente”(Cass. Civile n. 3974/2002).
Tale parametro è stato, più di recente, adottato anche in una sentenza emessa dal Tribunale di Milano, ai sensi della quale “condizioni per il sorgere del diritto in favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione sono la non titolarità di adeguati redditi propri, e cioè di redditi che consentano al richiedente di mantenere un tenore di vita analogo a quello mantenuto in costanza di matrimonio, e la sussistenza di una disparità economica tra le parti; che ai fini della valutazione della adeguatezza dei redditi del soggetto che invoca l’assegno, il parametro di riferimento è costituito dalle potenzialità economiche complessive dei coniugi durante il matrimonio” (Tribunale di Milano, 21/05/2012).
Come noto, però, l’assegno di mantenimento non è immutabile: esso può essere modificato o revocato.
Al riguardo, si rileva che, una delle ragioni che può far venire meno il diritto del coniuge al mantenimento è che quest’ultimo formi un’affidabile e stabile relazione familiare.
Ed infatti:
“Una convivenza more uxorio del coniuge, economicamente più debole con un compagno, se stabile e duratura, dando così luogo ad una vera e propria famiglia di fatto, eventualmente accompagnata dalla nascita di figli, secondo giurisprudenza altrettanto consolidata (tra le altre, Cass. n. 17195 del 2011) esclude di regola la corresponsione di assegno da parte dell’altro coniuge”.
La cessazione del diritto all’assegno a carico dell’altro coniuge può però non essere definitiva, potendo la nuova convivenza interrompersi, con reviviscenza del diritto all’assegno, nel frattempo rimasto in stato di quiescenza (Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, 13/06/2013).
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