Con le nuove norme anti-Coronavirus dei d.P.C.M. dell’8 e 9 marzo, chi dichiara il falso rischia un procedimento penale con conseguenze più pesanti.
Quali sono gli obblighi relativi agli spostamenti secondo le nuove norme anti-Coronavirus
In una situazione in continua evoluzione, il Governo sta emanando, ormai con cadenza giornaliera, provvedimenti sempre più restrittivi, finalizzati al contenimento della diffusione della malattia infettiva COVID-19.
Lo scopo primario delle nuove norme anti-Coronavirus è quello di limitare al massimo gli spostamenti delle persone nonché qualsiasi ulteriore occasione fonte di possibile contagio.
E così si è passati dall’istituzione di zone rosse, limitate ad alcuni comuni del basso lodigiano ed al altre zone del Veneto, all’istituzione di zone a contenimento rafforzato che comprendevano l’intera Lombardia ed altre 14 province (d.P.C.M. 8/03/2020) fino all’estensione delle suddette restrizioni, con una decisione senza precedenti, all’intero territorio nazionale (d.P.C.M. 9/03/2020).
L’intento del Governo è quello di fronteggiare la diffusione del COVID-19 che quanto all’incremento giornaliero dei nuovi soggetti positivi, sta assumendo dimensioni preoccupanti, uniformando altresì le disposizioni all’intero territorio nazionale.
Nella conferenza stampa tenuta nella serata di ieri dal premier Giuseppe Conte, per illustrare i contenuti dell’ultimo provvedimento, lo stesso ha affermato che l’intento del Governo è quello di salvaguardare il diritto primario della salute dei cittadini, pur contemperando tale fondamentale diritto con le ulteriori esigenze dello svolgimento dell’attività lavorativa che, pur in una situazione di estrema emergenza come quella attuale, non si vuole e non si deve fermare.
Quanto al tema degli spostamenti all’interno della penisola, gli stessi sono oggi consentiti solo per “comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità, motivi di salute e rientro al proprio domicilio, abitazione o residenza”.
Nella circolare che il Ministero dell’Interno ha diffuso alle Prefetture ed ai dipartimenti delle Forze di Polizia deputate a far rispettare detti obblighi si legge che “le attività lavorative consentite (che possono giustificare il viaggio) sono anche quelle non indifferibili, a condizione ovviamente che non rientrino tra quelle sospese ai sensi delle vigenti disposizioni contenute nei provvedimenti già emanati in materia (es. servizi educativi per l’infanzia) ovvero di situazioni di necessità che in sostanza devono essere identificate in quelle ipotesi in cui lo spostamento è preordinato allo svolgimento di un’attività indispensabile per tutelare un diritto primario non altrimenti efficacemente tutelabile, o per motivi di salute che si devono identificare in quei casi in cui l’interessato deve spostarsi per sottoporsi a terapie o cure mediche non effettuabili nel comune di residenza o di domicilio.”
Come funzionano i controlli
Vengono istituiti controlli da parte delle Forze di Polizia e dall’Esercito su tutto il territorio nazionale e l’interessato, se fermato, è tenuto a fornire i suoi documenti di riconoscimento e a compilare e sottoscrivere un’autodichiarazione, con cui sotto la propria responsabilità comunica le ragioni del suo spostamento.
Se tali motivi rientrano tra quelli ammessi, una copia della dichiarazione verrà trattenuta dall’operante per successivi controlli, in caso contrario, scatterà l’identificazione per l’apertura di un procedimento penale a suo carico.
Cosa rischia chi non li rispetta
Il mancato rispetto degli obblighi di cui al citato provvedimento è assistito dalla sanzione prevista dall’art. 650 c.p., per l’inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità, con la pena dell’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino ad Euro 206”.
Pertanto chi viene sorpreso in transito sul territorio italiano e non è in grado di giustificare il suo spostamento in modo da farlo rientrare tra le ipotesi consentite, verrà sottoposto ad un procedimento penale che, in caso di condanna, potrà comportare l’applicazione della pena nei limiti di cui sopra.
Attenzione però anche a quello che si dichiara.
Infatti, qualora a seguito di accertamenti eseguiti dalle Forze dell’Ordine emerga che ciò che si è dichiarato non corrisponde al vero, oltre ad essere integrato il reato di cui all’art. 650 c.p. si incorrerà in quello ben più grave previsto per la falsa dichiarazione rilasciata ai sensi dell’art. 76 del D.P.R. n. 445/2000 che, essendo equiparata a falsa dichiarazione rilasciata a pubblico ufficiale, prevede la pena della reclusione da uno a sei anni.
Non è esclusa l’integrazione di reati ancora più gravi che in questo prevalgono su quelli dell’art. 650 c.p.
Poniamo infatti il caso che un soggetto che, risultato positivo al Coronavirus venga sorpreso all’esterno della propria abitazione, violando l’obbligo di rimanere a casa.
In questo caso, qualora il motivo del trasferimento non sia quello di recarsi presso una struttura ospedaliera e quindi per motivi di salute, potrebbe integrarsi il più grave reato di cui all’art. 452 c.p. ossia di Diffusione colposa di epidemia punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni.
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