Con il passare degli anni gli studenti che già dalle scuole elementari non partecipano all’ora di religione sono sempre di più. Non è certo un segreto, infatti, che gli italiani sono sempre meno legati alla religione cristiana, e neppure che sempre più giovani alunni siano di religioni differenti dal cattolicesimo: motivi che spingono molti genitori a non far partecipare i figli all’ora di religione. Va evidenziato però come più il tempo passa e più l’ora di religione a scuola si trasforma – anche prendendo atto del multiculturalismo religioso che caratterizza sempre più le classi – in un momento di confronto sulla religiosità e sulla spiritualità tra alunni e insegnanti.
Ma se due genitori separati sono in disaccordo sulla frequentazione dell’ora di religione, chi decide cosa deve fare il figlio? Per la Cassazione bisogna sentire anche il suo parere per decidere, anche nel caso in cui si tratti di una bimba di appena sei anni.
Ora di religione a scuola: bisogna tutelare il bambino
Con la recente ordinanza n. 6802/2023 gli Ermellini hanno affrontato il caso di due genitori legalmente separati ed aventi entrambi la responsabilità genitoriali sulla figlia, in lite sulla sua frequentazione all’ora di religione a scuola. I giudici hanno evidenziato come l’esigenza dovesse essere quella di tutelare l’interesse della minore a una crescita sana ed equilibrata, già messa in crisi dalla separazione dei genitori e dalle fratture familiari che da essa ne erano derivate.
Nella sentenza i giudici hanno spiegato come “la crescita del multiculturalismo nelle scuole spinge nella direzione di un esame complessivo del fenomeno religioso, senza particolari gerarchie, alla comune ricerca di premesse per una dimensione spirituale da coltivare nei modi che matureranno singolarmente”. Pertanto per i giudici quando si parla di “ora di religione” non si deve pensare ad un’ora di catechismo, ma ad un momento di condivisione.
La decisione della Corte sull’ora di religione a scuola
La Cassazione ha evidenziato come in secondo grado il giudice avrebbe dovuto indirizzare una scelta sulla base del criterio guida dell’interesse della minore “con necessità di verificare quale fosse l’impegno richiesto dall’iscrizione all’ora di religione e quali fossero i bisogni della minore, non sulla base di pregresse scelte riguardanti la sorella maggiore, ma in rapporto all’interesse della piccola ad avere una continuità socio-ambientale nel campo scolastico, in cui svolge, per la gran parte del tempo, la sua sfera sociale ed educativa”.
Inoltre, con riferimento alla possibilità di ascoltare l’opinione della bambina (di sei anni) per capire cosa volesse fare lei, la Corte ha ricordato che “l’audizione è necessaria in tutte le ipotesi in cui il confronto con il minore può offrire al giudice idonei elementi per meglio comprendere quali siano i provvedimenti più opportuni nel suo interesse”. Già in passato (sent. n. 1474/2021) la Cassazione aveva affermato che “in tema di provvedimenti in ordine alla convivenza dei figli con uno dei genitori, l’audizione del minore infradodicenne capace di discernimento costituisce adempimento previsto a pena di nullità, a tutela dei principi del contraddittorio e del giusto processo”.
Nel caso di specie – hanno concluso gli Ermellini – il giudice avrebbe dovuto procedere a un’osservazione della minore per individuale l’inclinazione naturale e le aspirazioni della figlia, cui si richiama l’art. 337 ter c.c.
Per questi motivi la Corte ha accolto il ricorso del padre cassando il decreto dei giudici d’Appello e rinviando la decisione alla corte territoriale.
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