Un pedone investito ha sempre ragione? In quali casi ha torto? Vediamo quali sono le disposizioni della Cassazione e analizziamo due casi.
Pedone investito: cosa dice la giurisprudenza?
Importanti e recenti sentenze di merito e di legittimità civili e penali hanno stabilito quando il pedone concorre o è responsabile esclusivo del proprio investimento, ribaltando così la falsa convinzione che, in caso di sinistro, il pedone abbia sempre ragione.
Infatti, la realtà giuridica è ben differente: anche il pedone è un utente della strada ed è tenuto al rispetto di regole ben precise, al pari di chi circola sulle due o sulle quattro ruote.
La norma di riferimento per i casi di sinistri in cui vengono coinvolti i pedoni è l’art. 2054 c.c., relativo alla circolazione dei veicoli, il cui comma 1 prevede che “il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”.
La norma pone quindi una presunzione di colpa in capo al conducente, a cui spetterà dimostrare di aver fatto il possibile per evitare il danno.
Disposizioni della Cassazione per i giudici
Tuttavia, come chiarito di recente anche dalla Cassazione nell’ordinanza n. 2241/2019, “ove il giudice si trovi a dover valutare e quantificare l’esistenza di un concorso di colpa tra la colpa del conducente e quella del pedone investito deve: a) muovere dall’assunto che la colpa del conducente sia presunta e pari al 100%; b) accertare in concreto la colpa del pedone; c) ridurre progressivamente la percentuale di colpa presunta a carico del conducente via via che emergono circostanze idonee a dimostrare la colpa in concreto del pedone”.
Il possibile comportamento errato del pedone non esime quindi il conducente dal prestare attenzione. Infatti, come ha avuto modo di evidenziare di recente la Cassazione nella sentenza n. 18321/2019: “il dovere di attenzione del conducente teso all’avvistamento del pedone trova il suo parametro di riferimento – oltre che nelle regole di comune e generale prudenza – nel richiamato principio generale di cautela che informa la circolazione stradale e si sostanzia, essenzialmente, in tre obblighi comportamentali: 1) l’obbligo di ispezionare la strada costantemente; 2) l’obbligo di mantenere sempre il controllo del veicolo; 3) l’obbligo di prevedere tutte le situazioni di pericolo che la comune esperienza comprende, in modo da non costituire intralcio o pericolo per gli altri utenti della strada”.
Inoltre, “affinché in caso di investimento sia affermata la colpa esclusiva del pedone, deve realizzarsi una duplice condizione: 1) che il conducente del veicolo investitore si sia venuto a trovare, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza e prudenza, nell’oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati invece in modo rapido e inatteso; 2) che, nel comportamento del conducente, non sia riscontrabile alcuna infrazione alle norme della circolazione stradale ed a quelle di comune prudenza”.
Il caso di un pedone investito mentre parlava al cellulare
Di tali principi ha fatto corretta applicazione il Tribunale di Trieste che, con sentenza n. 380 del 07/06/2019, ha attribuito l’80% di responsabilità nella causazione del sinistro a un pedone, investito da un’auto mentre correva distratto, parlando al telefono, per prendere l’autobus.
In questo caso, il Tribunale ha evidenziato l’incontrovertibilità della connotazione colposa della condotta del pedone il quale, in disprezzo delle regole sulla circolazione stradale e di normale prudenza, si è immesso repentinamente sulla strada – attraversandola in un punto senza strisce pedonali e fuori dall’area destinata alla fermata del bus – parlando al telefono e senza nemmeno guardare se sopraggiungessero veicoli; tale condotta è stata anche sanzionata dagli agenti di polizia intervenuti sul posto.
Se i pedoni investiti sono in stato di ebbrezza?
In un altro caso, la condotta imprudente dei pedoni investiti è stata giudicata dalla Corte di Appello di Milano – nella sentenza n. 2547/2019 – causa esclusiva del sinistro stradale, poiché presentavano un elevato tasso alcolemico – con relativa incoordinazione motoria – al momento dell’incidente, oltre a non aver prestato l’attenzione necessaria ad evitare situazioni di pericolo, sottostimando il rischio di un possibile impatto e non dando la dovuta precedenza all’autovettura che procedeva al di sotto del limite di velocità.
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