La Corte Costituzionale con sentenza 12 luglio 2022 (ud. 25 maggio 2022) n. 173 ha decretato l’illegittimità costituzionale dell’art. 538 c.p.p. nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131 bis c.p. decide sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno proposta dalla parte civile.
La particolare tenuità del fatto nel processo penale
Da qualche anno nel nostro ordinamento è possibile che l’accusato di un reato per il quale è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni non venga condannato seppur accertata la sua responsabilità per aver commesso volontariamente il fatto previsto dalla legge come reato, quando per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale (art. 131 bis c.p.).
Si tratta in sostanza di una causa di non punibilità nel senso che pur realizzati tutti i presupposti tipici del reato (sussistenza del fatto ascritto all’imputato, identificazione del suo autore nella persona dell’imputato, dolo o colpa) lo Stato ritiene eccessiva l’applicazione della pena, in una logica di sanzione penale intesa come extrema ratio.
Le conseguenze della pronuncia di particolare tenuità del fatto sull’azione risarcitoria prima dell’intervento della Corte Costituzionale
Nel caso in cui l’indagato, chiuse le indagini preliminari, venga rinviato a giudizio la persona che ha subito un danno può decidere, con un avvocato, di avanzare la richiesta risarcitoria in sede penale, attraverso la costituzione di parte civile.
Solo in caso di sentenza di condanna dell’imputato il Giudice penale poteva decidere sulla domanda risarcitoria, condannando l’imputato al risarcimento del danno (in caso di danni immediatamente liquidabili) oltre al rimborso delle spese legali sostenute dalla parte civile per il giudizio.
Pertanto, in caso di sentenza assolutoria per particolare tenuità del fatto, al Giudice veniva impedito di decidere sulle richieste risarcitorie civili, mancando una vera e propria sentenza di condanna.
Questo comportava per la parte civile, che nel frattempo aveva dovuto anticipare le spese legali al proprio avvocato per avanzare la domanda risarcitoria in sede penale, l’obbligo di promuovere separato giudizio civile (con l’esborso di nuove somme) utilizzando in quella sede la sentenza penale che comunque consentiva di dare per accertata la responsabilità dell’imputato in ordine al fatto contestato.
Cosa cambia oggi con l’intervento della Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale con la sentenza in questione, censura l’art. 538 c.p.p. – laddove impedisce al giudice penale di pronunciarsi sulle richieste risarcitorie in caso di proscioglimento per particolare tenuità del fatto – per violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) – per violazione del diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) nonché per collidere con il canone della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.).
Ed infatti esistono già casi in cui il Giudice penale è chiamato a pronunciarsi sulla domanda risarcitoria (o restitutoria) promossa dalla parte civile anche se non vi è una condanna penale (es. in caso di pronuncia di prescrizione del reato rilevata dal giudice di appello o dalla Cassazione) e pertanto risulta ingiustificata la preclusione imposta al Giudice penale nel caso di sentenza assolutoria per particolare tenuità del fatto.
Si realizza altresì, sempre secondo la Corte, una violazione del principio della tutela giurisdizionale perché la parte civile subisce la mancata decisione in ordine alla sua pretesa risarcitoria (o restitutoria) anche quando essa appare fondata e meritevole di accoglimento proprio in ragione del contestuale accertamento, ad opera del giudice penale, della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e della riferibilità della condotta illecita all’imputato nel contesto del proscioglimento di quest’ultimo per particolare tenuità del fatto.
Ed infine collide secondo la Corte, con il principio della ragionevole durata del processo, laddove tale situazione obbliga la parte civile, anche solo per recuperare le spese legali sostenute nel processo penale, all’instaurazione di un separato giudizio civile.
Per tali ragioni, da oggi in poi, in esito al processo penale e contestualmente alla pronuncia di assoluzione dell’imputato per particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p.p. il giudice sarà tenuto a decidere sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno proposta dalla parte civile, condannando in ogni caso l’imputato al rimborso delle spese legali sostenute, nonché al risarcimento del danno subito se immediatamente quantificabile, oppure rinviandone la sua liquidazione in un separato giudizio civile.
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