Negli ultimi anni sempre più coppie hanno avuto la necessità di avvalersi della procedura della procreazione medicalmente assistita per riuscire ad avere figli: per questo motivo il Ministero della Salute, seguendo le disposizioni normative in materia e ricalcando principi annunciati dalla giurisprudenza, ha finalmente pubblicato le linee guida relative alle procedure delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Procreazione medicalmente assistita: cosa c’è di nuovo
Nelle disposizioni contenute nel decreto ministeriale, già pubblicato in Gazzetta ufficiale, seguendo le indicazioni della legge n. 40/2004 relativa alla procreazione medicalmente assistita (che, ricordiamo, è il procedimento avente ad oggetto il trattamento di ovociti umani, di spermatozoi o embrioni con lo scopo di realizzare una gravidanza) vengono stabiliti due principi importantissimi:
- il consenso alla Pma non può essere revocato una volta rilasciato e iniziata la procedura tramite la fecondazione dell’ovulo, anche se l’embrione non è ancora stato impiantato;
- la donna (potenziale madre) ha la facoltà di richiedere l’impianto dell’embrione anche nel caso in cui il partner da cui proviene lo sperma sia deceduto o se il loro rapporto è cessato.
Tali principi si allineano a due importanti sentenze della Corte di Cassazione del 2019 e della Consulta del 2023 (sul tema potrebbero interessarti anche https://www.iltuolegale.it/procreazione-medicalmente-assistita-luomo-puo-cambiare-idea/ e https://www.iltuolegale.it/si-allimpianto-degli-embrioni-fecondati-anche-se-il-padre-non-e-piu-daccordo/).
Tra le novità introdotte vi è anche l’attenzione alla preservazione della fertilità femminile e maschile attraverso la promozione di interventi di conservazione non solo per chi è sottoposto a terapie oncologiche ma anche per chi è soggetto a tutte le condizioni che espongono al rischio di perdita precoce della fertilità.
Inoltre, le linee guida dovranno essere aggiornate almeno ogni tre anni, seguendo così l’evoluzione tecnico-scientifica in materia di Pma.
Chi può avvalersi della procreazione medicalmente assistita
Secondo le nuove disposizioni ministeriali può avvalersi della procreazione medicalmente assistita la coppia che, in seguito a uno specifico periodo temporale di rapporti sessuali non protetti, non è stata in grado di concepire. Nello specifico il decreto prevede che “L’accesso alla procreazione medicalmente assistita è consentito a fronte dell’assenza di concepimento, oltre ai casi di patologia riconosciuta, dopo sei/dodici mesi – in base all’età della donna – di regolari rapporti sessuali non protetti”.
Ma non saranno solamente le coppie che non riescono a concepire a poter accedere alla Pma. Le linee guida, infatti, prevedono che “L’accesso alla Pma sia esteso:
- alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili,
- alle coppie sierodiscordanti portatrici di patologie infettive, quali Hiv, Hbv, Hcv, nelle quali l’elevato rischio di infezione configura di fatto una causa ostativa alla procreazione;
- alle coppie in cui uno o entrambi i partner siano ricorsi in passato alla crioconservazione dei propri gameti o tessuto gonadico per preservazione della fertilità».
Pma: non si può tornare indietro
Come annunciato pocanzi, il testo fa espressamente riferimento all’impossibilità di cambiare idea una volta fecondato l’ovulo: ciò significa che iniziata la procedura non si può più tornare indietro. Nello specifico le linee guida prevedono che “dopo la fecondazione assistita dell’ovulo, il consenso alla Pma non può essere revocato e la donna può richiedere l’impianto dell’embrione anche se il partner sia deceduto (Cass., 15 maggio 2019, n. 13000) ovvero sia cessato il loro rapporto (Corte Costituzionale, n. 161/2023)».
Pma: cos’aveva stabilito la giurisprudenza
Anche in questo caso, come spesso accade in tema di diritti civili e sociali, la giurisprudenza ha avuto un ruolo chiave nella determinazione della normativa, evidenziandone il vuoto legislativo e l’urgenza di colmarlo nelle opportune sedi. Ecco cos’avevano stabilito nel dettaglio le due sentenze su cui si basano le linee guida:
- la sent. 13000/2019 della Corte di Cassazione ha previsto che “in caso di nascita mediante tecniche di procreazione medicalmente assistita, l’art. 8 della legge n. 40 del 2004 sullo status del nato con Pma si applica anche all’ipotesi di fecondazione omologa post mortem avvenuta utilizzando il seme crioconservato del padre, deceduto prima della formazione dell’embrione, che in vita abbia prestato, congiuntamente alla moglie o alla convivente, il consenso, non successivamente revocato, all’accesso a tali tecniche e autorizzato la moglie o la convivente al detto utilizzo dopo la propria morte”.
- La sent. 161/2023 della Consulta ha invece trattato il tema della possibilità di portare avanti la Pma anche nel caso di cessazione del rapporto con il partner. Nello caso concreto la Corte Costituzionale aveva riconosciuto a una donna la facoltà di procedere con l’impianto dell’embrione crioconservato (e, dunque, già fecondato) nonostante la fine della relazione con il coniuge, divenuto nel frattempo contrario a procedere con la Pma.
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