La direttiva Comunitaria 90/314/CEE recepita in Italia con D.lgs 111/95 ha introdotto nel nostro ordinamento il c.d. “danno da vacanza rovinata”, ovvero il pregiudizio non solo economico ma anche morale collegato alla delusione e allo stress causato dalla circostanza di non aver potuto godere – o godere appieno – dei benefici di una vacanza, a causa della cancellazione della stessa o dei disagi e disservizi subiti in loco. Posto che attualmente il danno da vacanza rovinata è riconosciuto pacificamente da dottrina e giurisprudenza, il problema più insidioso rimane la quantificazione monetaria del danno risarcibile.
Il danno da vacanza rovinata ha natura contrattuale, in quanto trova fondamento nell’inadempimento delle obbligazioni assunte dall’agenzia di viaggi o dal tour operator relativamente ad contratto di viaggio o “pacchetto turistico” stipulato con il consumatore. Esso è composto da due voci di danno: il pregiudizio economico degli esborsi sostenuti e il danno morale dovuto a delusione e stress subiti a causa del disservizio. Al riguardo, una recente sentenza del Tribunale di Roma (Trib. Roma, sez. IX 26-11-2003) ha stabilito che “Nel caso in cui il viaggiatore non riesca a fruire, in tutto o in parte, della vacanza per inadempimento del tour operator, quest’ultimo è tenuto, oltre alla rifusione delle spese sostenute dal viaggiatore, anche al risarcimento del danno non patrimoniale da vacanza rovinata, il quale costituisce una ipotesi di danno morale da inadempimento, eccezionalmente risarcibile alla luce del diritto comunitario, come interpretato dalla Corte di giustizia”.
Il pregiudizio economico è la voce di danno più facilmente quantificabile: essa corrisponde al prezzo del viaggio acquistato in caso di mancato godimento della vacanza, o in una riduzione del prezzo medesimo nel caso in cui il consumatore abbia potuto godere della vacanza, ma questa sia stata rovinata da disservizi, contrattempi o altri disguidi.
Più difficile è invece quantificare il danno morale subito dal turista, risultando pressoché impossibile fornire una prova certa dello stress o della delusione subiti a causa del mancato godimento di una vacanza. In questi casi, la liquidazione del danno dovrà avvenire in maniera ecquitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c., il quale dispone che “se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione ecquitativa”.
La valutazione ecquitativa del danno morale subito dal turista deluso dalla vacanza dovrà tener conto di tanti fattori, tra i quali l’irripetibilità del viaggio (ad esempio, del viaggio di nozze), il valore soggettivo attribuito alla vacanza dal consumatore (ad esempio, viaggio per ricongiungersi ai famigliari nel giorno di Natale), lo stress subito a causa dei disservizi o la delusione per la cancellazione improvvisa del viaggio.
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